Gli "stranieri" dell'ITALIA

Scritto il 20/06/2024
da Claudio Sottile


Mica importiamo solo, anche l’export tira, chiedere a Gianluigi Donnarumma (Paris Saint-Germain), Guglielmo Vicario (Tottenham) e Jorginho (Arsenal). Gigio ha la fascia al braccio dei detentori del titolo, e sotto la Tour Eiffel ha cementato la sua fama di étoile. 42 gare con il PSG, 16 senza mai chinarsi alle spalle per raccogliere il pallone, conquistando il triplete entro le Alpi: Ligue 1, Trophée des Champions e Coupe de France. In Champions League la squadra della “Ville Lumière” è rimasta al palo: in semifinale contro il Borussia Dortmund, addirittura sei i legni colpiti dai ragazzi di Luis Enrique. Per l’ex capitano del Milan, l’Europa italiana suona meglio di quella francese, per lui Mameli è ancora più instagrammabile della Marsigliese. Nell’edizione di EURO 2020, oltre ad alzare la Coppa, mise nel trolley anche il premio di miglior giocatore del Torneo. Un senso costante, continuo, imperterrito, di sicurezza, presenza e autorevolezza, che esplose in tutta la sua magnificenza come un arcobaleno sotto l’arco di “Wembley”, sbarrando la strada a due calci di rigore inglesi. Il dirimpettaio del ruolo, senza il totem nato a Castellammare di Stabia, sarebbe tranquillamente il custode della porta tricolore.



In Premier League uno stratosferico 100% alla voce giornate e minuti da titolare. Nel nord di Londra gli “Spurs” l’hanno chiamato “Goatkeeper” per via dei miracoli: Vicario, del resto, richiama a qualcosa di trascendente. Un saltello, come nella tradizionalità dei suoi tiri dagli 11 metri, ed eccoci a centrocampo, dove muove i fili delle trame dei “Gunners”. Dalla “perfida Albione” non arrivano echi di prestazioni con il grassetto: 36 presenze (un gol, due assist) su quattro fronti, ma anche soli 19 minuti complessivi, concessi da mister Mikel Arteta, nelle ultime sei di Premier League.



È uno degli eroi degli Europei vinti con la mascherina sulla bocca, a lui il commissario tecnico Luciano Spalletti chiede lucidità di pensiero e i due tocchi. “Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista”, cantava Caparezza. Ma, rispetto a tre anni fa, tra i suonatori c’è stato un turnover, il direttore d’orchestra è cambiato e lo spartito pure: non sarà scontato suonarle a tutti, però un arrangiamento del “po po po” po… trebbe essere orecchiabile.