Focus neopromosse, Davide Facchin (Como)

Scritto il 20/09/2021
da Claudio Sottile

 Speciale Serie B 



A fine campionato sarai contento se…?
“Se saremo salvi senza patimenti. La mia non è umiltà e neppure scaramanzia. Giornata dopo giornata si valuterà, se ci sarà la possibilità di fare qualcosa di diverso saremo ben felici. E per poterlo fare, tocca passare dai 45 punti… È importante partire bene, la statistica dice che chi non ci riesce poi fa fatica ad addrizzare il tiro. Le prime partite sono quelle che ti danno entusiasmo e credibilità, offrendoti la possibilità di giocare in maniera differente. Scendere in campo per fare un punto o tre cambia completamente il tuo modo di esprimerti. La B è il campionato professionistico italiano dove il dettaglio fa maggiormente la differenza”.

È più difficile essere promossi dalla Serie C oppure confermarsi in cadetteria?
“In tutte le categorie è più difficile vincere in quella sotto, che salvarsi in quella sopra. Non vale solo per C e B. Nonostante in terza serie ci siano due-tre squadroni che provano a vincere, qualcun altro destinato ai playoff e quelli che sono veramente disarmati. In B anche l’ultima neopromossa ti mette in difficoltà, è un campionato livellato al netto, anche qui, delle corazzate sulla carta”.

Dove potrebbero nascondersi le insidie maggiori durante il cammino?
“Come squadra pecchiamo un po’ di esperienza. È ovvio che dobbiamo capire subito quali sono le caratteristiche del campionato che andiamo ad affrontare. La società ci ha messo a disposizione giocatori che possono darci una mano, anche sotto il punto di vista della consapevolezza”.



Giocare a porte chiuse o con ingressi contingentati, perdendo lo slancio emozionale del salto di categoria, può configurarsi come un doppio svantaggio per una neopromossa?
“Sì, ma è soggettivo. Il pubblico ti dà una grossa mano quando le cose vanno bene, ti toglie quando vanno male. Dipende da come si comincia e come si prosegue. Non per forza il tifo rappresenta un vantaggio o uno svantaggio, incide molto la situazione. Non ci si abitua a giocare con gli spalti vuoti, il pubblico è l’essenza del calcio, certo è che le porte chiuse purtroppo non sono più una sensazione nuova”.

C’è una partita che hai cerchiato sul calendario e che aspetti con particolare enfasi per un qualsiasi motivo?
“No, non ce n’è. I derby sono per i tifosi, che devono viversi le rivalità, per noi ogni partita vale tre punti. Se proprio devo dirne una, quest’anno ci sarà da giocare a Parma: per una questione di storia, di stadio e perché c’è Gigi Buffon, sarà una partita ancora più bella. Da portiere, è ovvio che magari darò più peso a quella sfida. La sua maglia? Mi sa che ci sarà da sgomitare parecchio per prenderla, spero da collega di avere la precedenza... Io ci proverò di sicuro (sorride, ndr)”.

La B è spesso indicata come la fucina dei talenti di domani. Il nome di un giovane della tua squadra che dirà la sua in futuro?
“Abbiamo tanti ragazzi interessanti, anche nel vivaio. Non voglio indicarne uno per non fare torto a qualcuno. Non ho la sfera magica e non mi sbilancio. Poi un portiere capisce il giusto di calcio (sorride, ndr), dico sempre così perché facciamo un mestiere dentro un mestiere”.

Intravedi margini per una doppia scalata, impresa spesso avvenuta nelle ultime stagioni?
“Nel calciomercato si può comprare tutto, ma l’alchimia non si trova. Il segreto delle ultime cavalcate, che non sono più così rare, è legato a questo. I gruppi con un’identità forte sono quelli che di solito vincono, perché partono con un vantaggio. Alcune squadre magari vantano maggiori valori tecnici, però ci sta che uno spogliatoio coeso possa sopperire al divario o addirittura avvantaggiarsi grazie al carattere”.