Quattro facce da anni Cinquanta

Scritto il 07/05/2022
da Stefano Ferrio


 Una foto, una storia 


Istantanea di una scampagnata di soli interisti

 


Da San Siro al campo di bocce
C’è una storia che corre sottotraccia a quella di ogni squadra professionistica di football, ed è una storia che potremmo genericamente definire “familiare”, pur sapendo che spesso i legami affettivi di calciatori contrattualmente vagabondi, costretti a passare da una città all’altra come da uno spogliatoio all’altro, producono situazioni ibride, effimere, contraddittorie.
Ciò nonostante, durante ogni stagione nascono amicizie, si formano gruppi comprendenti mogli e compagne, si finisce per condividere una discreta mole di quel tempo libero che non manca mai a quanti, allenandosi agli ordini del mister di turno, “lavorano” una media di tre o quattro ore al giorno. Se al giorno d’oggi è noto che, quasi sempre da soli, molti calciatori in realtà continuano a giocare a pallone nel proprio salotto, optando per la versione virtuale della playstation, durante il secolo scorso gli svaghi possibili erano lievemente meno standardizzati. Certo, una delle possibilità più ricorrenti consiste nel ritrovarsi in uno delle migliaia di campi da bocce di cui era costellata la penisola, ma si tratta comunque di un evento che merita una foto ricordo come questa, scattata a quattro giocatori dell’Inter, attorno a cui immaginare altre presenze, altre battute, altri sorrisi.



Rispettabili e ragguardevoli comprimari
L’immagine si offre inoltre ai nostri sguardi come attendibile “catalogo” dei maschi disponibili all’epoca sulla piazza nostrana. La stagione di Serie A in questione è la 1954-’55, culminata con la vittoria dello scudetto da parte del Milan, al termine di un torneo in cui l’Inter, campione nei due anni precedenti, cede mestamente lo scettro del comando relegata alla fine a un anonimo ottavo posto. È una squadra nerazzurra di transizione in cui, accanto alle stelle dell’attaccante di fascia Benito Lorenzi, detto Veleno, e del fantasista svedese Lennart Skoglund, trovano spazio rispettabili, e a volte ragguardevoli, comprimari come questi quattro.



Passarin, Armano…
Da sinistra a destra per chi guarda, il primo “con boccia in mano” e look da giovanotto bene in camicia e pullover, si chiama Roberto Passarin, centrocampista nato a Novara nel 1934, e morto quarantottenne a Torino, nel 1982: un onesto gregario della mediana, capace comunque di onorare con due gol le tredici presenze di quella sua unica stagione in nerazzurro.  
Accanto a Passarin sorride, con tipica canottiera da ragazzo di periferia, un grande della storia interista come Gino Armano, alessandrino di Litta Parodi, dove è nato nel 1927 ed è morto nel 2003. Si tratta di uno dei primi “tornanti” di fascia del calcio patrio, passato alla storia interista, oltre che per i 73 gol segnati in sette stagioni, anche per la scazzottata chiarificatrice con Benito Lorenzi, avvenuta all’intervallo di una partita in cui “Veleno” si era divertito a mandarlo a farfalle con ripetuti passaggi sbagliati.



Vincenzi e Bonifaci
Il terzo, a cui quella maglia a righe vivaci conferisce una scanzonata aria da americano, passa agli annali come Guido Vincenzi, milanese doc, nato vissuto e morto nel capoluogo meneghino fra il 1932 e il 1997. Terzino solido e possente, ha vigore da vendere nella tempra e non solo nel fisico, tanto che, quando nel 1958 un grave infortunio al ginocchio sembra chiudere la sua carriera, accetta il trasferimento alla Sampdoria dove, per undici campionati, diventa insostituibile colonna di 297 partite.
Infine, il quarto, che mira al pallino con quell’aria da francese elegante, è proprio un francese, il centrocampista Antoine Bonifaci, nato a Bezons nel 1931 e morto a Villefranche sur Mer, cittadina della Costa Azzurra, il 29 dicembre scorso, a 90 anni suonati. Giunto a Milano nell’estate del ‘54, dopo avere contribuito da giovanissimo protagonista a due titoli francesi vinti dall’Olimpique Nizza, Bonifaci non trova a San Siro un palcoscenico ideale dove esprimere i suoi talenti. Ceduto dopo appena un anno in nerazzurro, saprà come riscattarsi nel Bologna e nel Torino, diventando, con le sue 157 partite in Serie A, il francese più presente nella nostra Serie A fino agli scorsi anni ‘90.
Chissà chi ha poi vinto quella sfida a bocce...