Pallone e dintorni... Andrea Ranocchia

Scritto il 08/04/2022
da Pino Lazzaro


“Credo che col passare del tempo un po’ tutti o comunque la grande maggioranza, diventano più professionisti, anch’io lo sono più di un tempo. Ci si conosce di più e si diventa così più precisi, più mirati e per forza è l’esperienza quella che conta: uno così sa dove stare attento, quel che può fare meglio”.

Gavetta
“C’è chi ha grandissimo talento, chi non può non arrivare, chi magari comincia subito a grandi livelli. Io no, io me le sono fatte tutte le categorie, la C e la B e anche in serie A sono partito dal Bari, per passare poi al Genoa ed arrivare infine all’Inter. Per me è stata una gavetta molto ma molto utile, non dimentico la C, i 700 km in bus per andare a fare le partite, su campi che poi non erano certo idonei a giocare il calcio: il tutto è stato molto formativo. Quando ho capito che ci potevo stare? Ad Arezzo, il primo anno di serie B con Conte. Ero in Primavera, anche fare un allenamento con la prima squadra mi pareva magari già tanto e facevo di tutto per essere lì con loro, anche se capivo che mi ci sarebbe voluto del tempo, che dovevo crescere”.



L’aria inglese
“A me è servita proprio tanto l’esperienza che ho fatto in Inghilterra, con l’Hull City, nel 2017. Ho avuto così modo di vivere un calcio diverso, allenamenti, le settimane, pure le partite. Un calcio quello per me bello e formativo, che mi ha permesso di vedere le cose in una maniera diversa, con più consapevolezza. Sei mesi che mi hanno dato insomma nuova linfa, venivo tra l’altro da un momento così così, mi hanno come ripulito, è la parola”.

Il divertimento
“Certo, i tre punti sono fondamentali e i risultati così non possono non influire. Per me comunque il divertimento è tuttora il vivere lo spogliatoio, la settimana che scorre via, la partita anche se in effetti non è che gioco poi molto. È comunque questa “abitudine” che mi diverte, sì, è proprio questo per me il calcio e quando capiterà che non l’avvertirò più questa cosa qui, allora di sicuro smetterò”.



Giocare poco
“Essere all’Inter significa intanto, per forza di cose, che devi essere a un livello alto, altrimenti non potresti starci. Il punto fondamentale è e resta il fatto che nessuno regala niente e dunque chi arriva all’Inter, ma anche alla Juve, al Milan eccetera, vuol dire che se lo merita, che è forte e questo prescinde dal fatto che uno giochi 60 o 5 partite. Devi essere comunque funzionale e utile, altrimenti mica sei obbligato a rimanere, no? E questo vale per tutti coloro che arrivano al professionismo, pensando poi ai chissà quanti che non ci arrivano, per le più svariate ragioni, che so, infortuni, testa, altro ancora. E ci sono i livelli, certo, ma chi arriva, merita. Ripeto: nessuno regala niente”.

Piace meno
“Prima dei social, come tutto il resto anche il calcio era meno esasperato, c’era credo più spazio per le emozioni. Ora c’è tutta un’altra velocità, tutto viene enfatizzato, ci sono le fake news da fonti che non esistono e tutto è più complicato ed esasperato di prima e non è – ripeto – solo nel calcio. Personalmente ho cercato di adattarmi, anche perché non ci si deve dimenticare che noi siamo comunque degli sportivi dipendenti, dobbiamo stare attenti e abbiamo delle responsabilità. Ecco così che il mio essere social mi serve pure per tutelarmi, un modo per avere una mia voce “ufficiale””.



Consiglio, anche se non richiesto
“A un giovane? Il mio consiglio sarebbe quello di mettere il calcio al primo o al secondo posto, assieme alla famiglia. Di non andar dietro a divertimenti sbagliati, di aver soddisfazione e di dedicarsi per davvero, sapendo essere costanti”.

Dopo?
“Ogni tanto ci penso, però ora come ora non ho nessuna idea chiara e credo sia così che capita quando hai un tuo percorso professionale in atto, verranno dopo le soluzioni”.



Andrea Ranocchia è nato nel febbraio del 1988 ad Assisi (Pg). Gli inizi col calcio nello Sporting Bastia di Bastia Umbra (dov’è cresciuto), passando poi al settore giovanile del Perugia. Causa il fallimento della società umbra, approda poi all’Arezzo e con Antonio Conte in panchina, a diciotto anni fa il suo esordio in serie B (stagione 2006/2007). Ancora con l’Arezzo poi in C1, ha via via giocato con Bari (B-A) e Genoa (A). All’Inter dal gennaio 2011, ha sempre vestito la maglia nerazzurra tranne due parentesi: la prima in prestito alla Sampdoria (A) nel 2016 e la seconda, in Premier League con l’Hull City, nel 2017. Esordiente con Prandelli c.t. nel 2010, con la maglia della Nazionale maggiore ha messo assieme 21 presenze. Per lui la Coppa Italia 2010/2011, lo scudetto 2020/2021 e la Supercoppa 2021: tutti successi “interisti”.