Io e il calcio, con Filippo Tortu (atletica)

Scritto il 13/08/2022
da Pino Lazzaro


“Diciamo che sono stato “indirizzato”, ecco. Davanti l’esempio di mio padre e mio fratello, loro in pista e così da subito, avrò avuto 4-5 anni, il desiderio di fare come loro, un qualcosa forse di innato e ricordo che non è che volessi fare l’atleta, no, proprio il velocista. Lì in famiglia non mi hanno mai forzato su questo o quello, quel che era obbligatorio era comunque farne uno di sport, ero io che dovevo scegliere e ne ho fatti, calcio, nuoto, sci, basket, però quel sentimento speciale per l’atletica m’è sempre rimasto, sin da piccolo, quando già sognavo di andare alle Olimpiadi e tanto ha voluto dire Berruti, quel documentario che ho visto sull’Olimpiade di Roma, quel suo oro nei 200 metri: quanto m’è rimasto dentro”.


Quando qualcosa in più?

“Io penso che nulla viene da solo, anche la cosiddetta fortuna si paga, quando magari ti arriva addosso quel che pare nemmeno ti meriti… via via mi sono reso conto che ho a che fare giusto con i centesimi di secondo ed è questo mio corpo lo strumento, non c’è di mezzo una racchetta o una palla. Devi così dare il 100%, non puoi fare altro che così e se arrivano i risultati ti trovi a passare felicemente dal divertimento a un lavoro, che è poi la tua vita, quasi senza essere tu a scegliere: a 17 anni professionista con le Fiamme Gialle, poi in Nazionale assoluta, io che lo sognavo e che già dentro mi sentivo preparato”.

Sacrifici

“Fanno parte del gioco e me lo ricordo sempre che la sognavo una vita del genere e quando è arrivata me lo sono proprio detto che dovevo dare comunque il massimo, sempre, per non aver nessun rimpianto, di darmi completamente a questo mio sport. Certo, è anche difficile, penso alla rinuncia a una mia vita sociale, agli amici, alla lontananza dalla mia famiglia e se proprio devo dirti una cosa che mi manca è quella poter giocare, sì, proprio giocare, a calcio o a basket, di mezzo sempre il fatto che posso farmi male”.


Lavoro o “lavoro”?

“Se lo intendi come professione allora magari ce ne puoi mettere… una, perché mi trovo a fare quello che ho sempre amato, giro il mondo, tante amicizie e se mi confronto con i miei amici, la vedo bene la fortuna che ho. È il modo in cui lo vivi che poi ti fa riandare a un lavoro, tutti i dettagli che ci sono, la quantità di persone che lavora attorno a me, allora è tanto di più. All’allenamento in sé potrai dedicare le ore che ci vogliono ma c’è tanto e tanto di più, la fisioterapia, il riposo, il cibo eccetera, 24 ore al giorno, per 365 giorni, senza uscire, nemmeno a Natale o Pasqua”.

Settimana-tipo

“Detto che dipende sempre dal periodo, più o meno vicini a una gara, grosso modo la mia è questa: lunedì, martedì, giovedì e venerdì ne faccio due di allenamenti, uno al mattino in pista e uno al pomeriggio in palestra; al mercoledì ne faccio uno, niente pomeriggio ed è quello del sabato quello più importante, quello dove spingo più forte, diciamo che è un po’ la mia “partita””.

W il sabato

“Tieni conto che da ottobre ad aprile-maggio non faccio altro che allenarmi e dunque non è così facile avere una valvola di sfogo. Il mio sabato è così quello in cui simulo la gara, lì ad aspettarlo tutta la settimana. Domenica è del tutto riposo e comunque al pomeriggio, sul divano, calcio, Formula Uno e avanti, sempre sport”.

Divertimento “serio”

“Pur se faccio di tutto per non prendermi troppo seriamente, so bene che non ne salto uno che sia uno di allenamenti. Però non vorrei passasse il messaggio dello sport fatto di sacrifici, sofferenza, fatica. Per me sport al 70-80% significa divertimento, gioia di farlo, condividere la squadra e dopo, solo dopo, mettiamoci pure il prezzo da pagare della fatica e del resto”.



Agonista

“Mi trovo meglio in gara più che in allenamento. È quando sono alla corda che viene fuori il vero me stesso e quando infatti non sento la pressione, l’adrenalina, anche un po’ di paura, allora faccio fatica ed è per questo che durante l’anno raramente avverto quello stesso brivido di certe gare. No, no, nessun problema per dormire prima delle gare, anzi, anche durante lo stesso giorno dormo volentieri”.

Monaco di Baviera

“L’obiettivo principale è proprio qui vicino, agli Europei. Puntando a una medaglia, sia sui 200 che nella staffetta 4x100”.


Ah, il calcio

“Come detto niente giocare a calcio per via che mi posso far male. Non sono mai stato tesserato per una squadra però nella mia infanzia e pure a inizio adolescenza, quante partite in oratorio, partite da 2 ore per tempo, pomeriggi interi. Un qualcosa che mi manca… fin quasi i 15 anni ero parecchio piccolo, giocavo da punta, poi per la velocità ho cominciato ad andare sulla fascia”.

Juventino

“Prima mio nonno, poi mio padre, diciamo che sono nato bianconero. Ricordo mio padre, ero piccolo, lì a dirmi che nella vita si possono cambiare tante e tante cose, le amicizie, la ragazza, la casa eccetera, tutto, tranne l’essere juventino. Sì, ogni tanto allo stadio ci vado, ma non quanto vorrei”. 



Classe 1998, milanese di nascita, Filippo Tortu è tesserato per le Fiamme Gialle e come allenatore ha il papà Salvino (a sua volta ex velocista). Oro olimpico con la staffetta 4x100 a Tokyo nel 2021 (record italiano con 37”50, assieme a Lorenzo Patta, Marcell Jacobs e Fausto Desalu), è stato il primo azzurro a scendere sotto i 10” (9”99 nel 2018), record in seguito poi battuto proprio all’Olimpiade di Tokyo da Marcell Jacobs (oro con 9”80). Vice campione del mondo U20 nel 2016 e campione europeo sempre U20 nel 2017, ai recenti Mondiali di Eugene (Usa) ha corso i 200 metri in 20”10, secondo italiano più veloce di sempre sulla distanza (dopo Mennea, 19”72).