Pallone e dintorni... Lisa Alborghetti (Inter)

Scritto il 22/09/2022
da Pino Lazzaro


“Ho cominciato che avevo 4 anni ed è stata mia mamma a iscrivermi, voleva una figlia col carattere forte, lo vedeva e lo pensava così lei il calcio. Oratorio Immacolata Alzano, 5’ da casa, una seconda casa per me, mi ha cresciuta quel posto. Mia madre vedeva che mi piaceva fin troppo il calcio e allora ha voluto farmi provare con la ginnastica artistica”.

Una capriola e via
“Ricordo la prima lezione, m’hanno chiesto di fare una capriola: l’ho fatta e me ne sono andata, proprio via, sono uscita. Per me bastava così, ho detto a mia madre che era all’allenamento del calcio che volevo andare. Mi sentivo a mio agio, non mi sentivo diversa e sono stati bravi loro a trattarmi nello stesso modo. All’inizio ce n’erano altre di bambine ma poi, quando s’è cominciato a fare i campionati, c’ero solo io. Ho fatto anche il capitano e quei miei compagni di quegli anni sono ancora miei amici. Per me sono stati gli anni più belli, non vedevo ora che arrivasse la domenica per giocare; le amicizie e la squadra: tornerei indietro”.



Prof
“No, davvero, non pensavo potessimo ora arrivare a questo livello, essere professioniste e certo bisogna ringraziare le generazioni che ci hanno preceduto. Insomma non me l’aspettavo, alcuni piani iniziali li ho cambiati ma non quello di arrivare alla laurea, un traguardo che fa comunque bene, avere in ogni caso un piano B conviene e poi, chissà, quello di diventare maestra d’asilo era un sogno che avevo sin da bambina, vediamo un po’ cosa succede da qui in avanti”.

Passione
“Di mio, in tutti questi anni, ci ho messo sicuramente costanza, dedizione, anche sacrificio ma soprattutto passione, è questa quel che mi ha fatto sempre muovere. D’accordo, ora sono una “lavoratrice”, ma fino lo scorso anno è stata sempre la passione a muovermi, è di questo che io vivo e se non fai così se ne perdono tante di cose: deve piacermi quel che faccio, se non mi attira, niente da fare. Così sono fatta, dentro e fuori il campo. No, no, per me quella parola ‘lavoro’ va adesso senza virgolette. Si è lottato tanto, ora ci sono stati riconosciuti dei diritti e questo però significa che abbiamo ancor più delle responsabilità, proprio perché ora siamo a tutti gli effetti delle dipendenti”.



Tre punti, ma non solo
“Inevitabile pensare ai tre punti, ti alleni e alleni, quello è l’obiettivo. Un qualcosa che viene messo assieme giorno dopo giorno e io penso che ci si diverte quando riesci a esprimere quel che hai dentro, riuscendo così a fare bene quel che fai. Certo allora i 3 punti, quei 90 minuti, ma contano quelle tre ore in cui ti alleni ogni giorno, quel che staff e tutti coloro che ci stanno attorno si va a creare assieme”.

Non mi piace?
“Per ora non c’è nulla che non mi piace, per ora. Spero che il nostro calcio non si metta a pensare troppo al business, che non vengano meno tutti quei valori per cui abbiamo lottato. Essere professioniste dà certo delle opportunità, ma se cominciamo a specularci sopra rischieremmo di perdere quella purezza che da sempre riconosco al nostro calcio”.



Capitana
“Di certo, per dire, non sono una che attacca al muro, oltretutto quei tempi sono passati, un po’ io li ho vissuti, sono stata sì testimone, mai però contro di me. Comunque da donna dico e penso che non sia utile e senz’altro non fa parte di me. Quel che cerco di fare è aiutare le persone a tirar fuori il meglio di sé, così che siano loro stesse a capire quanto possano essere utili e necessarie. Ecco perché sto sempre attenta alle varie personalità, sono curiosa e guarda che non parlo necessariamente di amicizia, ma della consapevolezza – con tutto il tempo che passiamo assieme – che il nostro obiettivo è comune”.

Sul pezzo
“Sì, come dici tu, sono senz’altro ‘seria’. Gli obiettivi ora sono ancor più alti, contano così anche i dettagli ma il tutto non vale solo per il calcio. Bisogna essere brave persone anche fuori, la cosa migliore e necessaria è prendersi cura di sé stessi e io ci provo, in campo ma anche fuori”.



Onori e oneri
“La fascia è certo un onore, ma ci sono pure gli oneri e io, di mio, fascia o non fascia, so di essere una leader, una che comunque cerca sempre di tirar fuori il meglio dalle persone. Penso insomma di poter essere una guida, sì, mi viene naturale, te l’ho detto che non c’entra poi la fascia. Cercare di dare l’esempio, curare ancor più i dettagli, mi piace molto ad esempio il fatto che ora pranziamo sempre tutte assieme. Siamo delle atlete, lo dobbiamo proprio curare il fisico, cercando sempre di star bene con sé stessi”.

Il privilegio
“Certo che mi sento privilegiata e me ne rendo conto ogni giorno, la sento dentro la felicità quando devo andare al… lavoro. D’accordo, ci sono le responsabilità eccetera, ma chissà poi quanti sono quelli che arrivano a poter fare per lavoro quel che piace, è questa la fortuna. Per me lo considero un dono, un privilegio che mi ha accompagnato sin da quando avevo 4 anni, il calcio è sempre stato così parte della mia vita: senza di lui pure io sarei diversa”.



La partita che non dimentico
“Sicuramente Brescia-Torres che ci ha permesso di vincere lo scudetto, era esattamente l’11 maggio 2014, in più ho procurato il rigore che ha chiuso la partita. Era una settimana che pensavo a quella partita e tutti intorno a noi fantasticavano sul risultato, ma allo stesso tempo cercavo di non pensarci troppo perché volevo godermi il momento… avevo 21 anni con tante presenze in Serie A, ma una “finale” è pur sempre una “finale””.

Brividi
“Lì al campo c’era tantissima gente, arrivata da ogni dove per vedere la partita perché valeva lo scudetto e sarebbe stato il primo per noi. Migliaia di persone sugli spalti, hanno aggiunto una tribuna nei giorni precedenti, fumogeni ovunque, striscioni, non eravamo abituate. Quanta emozione. Non ti dico poi, al triplice fischio, la gioia e il caos che si era creato in quel rettangolo verde. Da brividi”.



Le giovani non sanno
“I tempi sono certo cambiati, loro, le ragazze giovani di adesso, non sono passate per le esperienze che ho passato e pure subito io e prima di me ancor più quelle di un tempo. Passo passo si è arrivati finalmente a guadagnarci dei centri sportivi all’altezza, degli staff completi, anche trovarci per dire con le scarpe pulite eccetera. L’importante, lo ripeto, è che questo nostro calcio non perda quei valori che secondo me lo hanno sempre caratterizzato”.

Cioè?
“Dai, il rispetto che c’è in campo tra noi e pure l’arbitro, nessuna simulazione, una passione enorme e un tifo che non è mai contro: è una buona atmosfera quella che io credo si avverte nei nostri stadi”.



La nuova formula
“Credo che il livello per forza si alzerà, campionato così più competitivo e saranno sempre meno le partite “facili”, quelle scontate. Tre punti davvero fondamentali per quel che riguarda la prima fase, poi non so, la seconda non l’ho e non l’abbiamo mai provata, la sperimenteremo”.

“Non so bene se si dica proprio così, se riesco a spiegarmi, ma quando gioco sento delle scariche di adrenalina che mi danno quel qualcosa in più, quella voglia di correre fino al “novantaquattresimo” minuto, quella voglia di spaccare tutto”.



È nata ad Alzano Lombardo (Bg) nel giugno del 1993. Ha giocato otto stagioni con l’Immacolata Alzano (con i maschi), tre stagioni nell’Atalanta Femminile (giovanissime), una stagione nella Primavera del Brescia Femminile e poi in prima squadra, vincendo via via due scudetti, tre Coppe Italia e due Supercoppe. Dopo un’esperienza a Cipro con l’Apollon di Limassol, ha giocato con l’Atalanta Mozzanica, il Milan ed è con l’Inter dall’estate del 2019. Dodici le sue presenze con la Nazionale maggiore.