Il Napoli dei Lauro

Scritto il 25/01/2023
da Stefano Ferrio

Anni ’60: come sotto il Vesuvio si iniziò a sognare lo scudetto

 



In campo e… in piazza
Quanti saliscendi, il Napoli degli anni ‘60, durante il lungo tramonto della famiglia Lauro, armatori che sin dal 1936 si erano posti “al timone” della società partenopea, oltre che della nota compagnia di navi da crociera. E quante tensioni, sfociate in manifestazioni di piazza come quella documentata in questa foto, scattata durante la stagione 1967 - ‘68. All’epoca sembra che la squadra in maglia azzurra “giochi” perennemente in strada e non solo allo stadio, talmente frequenti sono queste scene di masse indignate e calienti. D’altra parte, la successione dei fatti parla chiaro, rammentandoci che alla Coppa Italia del 1962, clamorosa per essere tuttora l’unica conquistata da un club di Serie B, segue la promozione nella massima serie, ma con immediata retrocessione nella stagione successiva, dovuta soprattutto all’invasione di campo da parte dei tifosi, inferociti con l’arbitro Giulio Campanati durante il match giocato il 28 aprile 1963 a Fuorigrotta, contro il Modena.



Pezzi da novanta
È quel 2-0 a tavolino a innescare una fame di rivincita sportiva che, negli anni di un Boom economico sviluppatosi a velocità ben diverse per il nord e il sud del Paese, sconfina facilmente in una rivalsa sociale percorsa da virulenti fremiti populisti. È facile rendersene conto quando la squadra, una volta riapprodata alla massima serie, lo fa senza più accontentarsi di non retrocedere, ma per puntare decisamente allo scudetto, soprattutto dopo che in casa Lauro la presidenza del club passa dal “Comandante” Achille, famoso per essere stato anche sindaco di Napoli, al più magnanimo e illuminato figlio Gioacchino. Durante il calcio-mercato dell’estate 1967 la guida di quest’ultimo, improntata a una passionale generosità nei confronti di pubblico e giocatori, porta in dote pezzi da novanta come il centravanti Paolo Barison, l’attaccante di fascia Ivano Bosdaves, il terzino sinistro Luigi Pogliana e, soprattutto, il portiere Dino Zoff, acquistato dal Mantova per la cifra record di 120 milioni, sborsata battendo la concorrenza di Inter e Milan.



Mai così in alto
Sono le premesse per una stagione da vivere alla grande, come puntualmente si rivela il campionato 1967 – ‘68. Affidato a un allenatore inventivo e trascinante come l’argentino Bruno Pesaola, detto “El Petisso”, quel Napoli arriva in alto come mai prima, addirittura secondo alle spalle dell’imprendibile Milan di Gianni Rivera e Pierino Prati, allenati dal “Paron” Nereo Rocco. Ma purtroppo i successi ottenuti sul campo si intersecano con vicende societarie sempre più cupe e burrascose, dove la gestione della squadra finisce nel calderone di un crack economico che investe come un ciclone la famiglia Lauro, obbligando di lì a poco il buon Gioacchino a cedere la proprietà del club a Corrado Ferlaino, destinato, una ventina di anni dopo, a diventare il presidente dei campionati vinti con Diego Armando Maradona in campo.



Ohi vita mia
Quando, nella primavera del 1987, il mondo assiste meravigliato al totale “impazzimento” di una città per il primo scudetto posatosi sotto il Vesuvio, a stupirsi di meno sono quanti ricordano questi “moti” degli anni ‘60. Perché già allora erano scatenati da una squadra che, nel cuore dei tifosi napoletani, risuona come l’”Ohi vita, ohi vita mia” di una delle loro più appassionate canzoni.