Da lontano... Giorgio Chiellini (Los Angeles FC, Stati Uniti)

Scritto il 18/02/2023
da Pino Lazzaro


Classe 1984, livornese anche se nato a Pisa (vedi sotto), ha giocato con Livorno (C1 e B), Fiorentina (A) e Juventus (dall’estate del 2005 al giugno 2022, tutte in Serie A, tranne una in B dopo Calciopoli); ora al Los Angeles Fc, nella MLS statunitense. Nel suo palmares i 9 scudetti, le 5 Supercoppe italiane e le 5 Coppe Italia con la maglia della Juve, più la Supporter’s Shield e il Campionato MLS col Los Angeles. Dopo la trafila in tutte le giovanili azzurre, con l’Europeo U19 nel 2003 e il bronzo olimpico di Atene nel 2004, l’esordio con la Nazionale maggiore (con cui ha vinto l’Europeo 2020) l’ha fatto a 20 anni con Lippi c.t., mettendo poi assieme 117 presenze (5° posto assoluto assieme a De Rossi, dopo Buffon 176, Cannavaro 136, Maldini 126 e Bonucci 120).
 


“Sì, sono nato a Pisa ma lì per l’appunto sono solo nato, c’era una mia zia che era ostetrica e in quell’ospedale lavorava pure mio padre, medicina sportiva e chirurgia. Quella volta siamo nati in due, col mio gemello Claudio e dico che tra l’altro era proprio medicina quel che mi sarebbe piaciuto fare all’università ma non sarebbe stata proponibile col calcio. Noi dunque siamo di Livorno, è quella insomma la “mia” città, cresciuto lì, subito a giocare dappertutto, per le strade e i campetti vicino casa” (il Calciatore, settembre 2010).
 



“Un Paese questo, gli Stati Uniti, che mi ha sempre intrigato, ci sono venuto spesso anche in vacanza, sempre m’è piaciuto e dunque ho voluto provare a viverlo da dentro. Un’esperienza, questa di andare all’estero, che volevo comunque avere, un qualcosa che so che mi arricchirà, un aprirsi al mondo, rimettendomi anche in gioco. Con me ci sono pure loro, mia moglie e le mie due figlie, un’esperienza questa che ancor più è così proprio di vita, non tanto di sport”.

Un continente
“Sei mesi che sono qui, sono contento. Che America ho trovato? Che vuoi, ce ne sono tante credo di Americhe, Los Angeles – posto enorme questo, più grande di una regione italiana, già spostarsi non è che sia poi tanto semplice – è certo diversa dalla East Coast e poi il nord, il sud, è talmente grande qui, la sola California è più grande dell’Italia e già da noi si sa che ne abbiamo parecchie di differenze. Certo la multiculturalità che sto vedendo qui è un qualcosa a cui noi non siamo abituati, davvero arrivano da ogni parte del mondo e lo si può percepire quanto impressionante possa essere il loro motore economico”.

Calcio globalizzato
“No, doppio allenamento mai, non ce la faccio più alla mia età. Grosso modo comunque la settimana tipo è la stessa, il calcio s’è davvero globalizzato e qui per esempio c’è un allenatore che è sì americano ma che ha giocato una vita in Germania, il preparatore atletico è sudafricano ma ha lavorato in Olanda, un altro è finlandese, il vice allenatore è americano-croato… si fanno insomma le stesse cose”.



Dipende dal manico
“La differenza, se vuoi, sta negli allenatori che hai. In carriera ho avuto chi pretendeva il possesso palla, chi curava maggiormente la fase difensiva e così via. Ecco così che noi adesso giochiamo molto in verticale, tanta velocità nelle ripartenze, con un attacco che in questo modo sa essere molto pericoloso ed è proprio su questi aspetti che qui lavoriamo molto”.

Misto
“Direi che un po’ in tutte le squadre della Mls si parla mezzo inglese e mezzo spagnolo, tanti e tanti sono i calciatori sudamericani e questo fatto di questo misto lo si vede per bene proprio a Los Angeles, anche qui metà delle persone parlano una lingua e metà l’altra”.

Stadi e campi
“In ritiro si deve andare per forza, viste le trasferte che abbiamo, mediamente un due-tre ore di volo. Raramente andiamo all’Est, le ore così salgono a cinque-sei, però per arrivare a Portland, Seattle, Salt Lake o in Colorado, ce ne vuole di tempo. Gli stadi sono belli, sempre pieni, il target è sui 25.000 posti e su 30 squadre, saranno mi pare cinque quelle che devono ricorrere agli stadi del football, che vuol dire sintetico, dunque un calcio diverso, qualcosa la si perde e nessuno qui di noi vorrebbe giocarci. Chissà, qui dalla sera alla mattina riescono a cambiare la superficie dei palazzetti, un campo di basket diventa una pista di hockey sul ghiaccio, chissà che non arrivino a farlo pure per il calcio”.



Assieme
“Senza di loro non ci sarei venuto, mia moglie e le mie due figlie, 7 anni e mezzo e 3 anni e mezzo. È stato per loro un bel salto, la più grande già frequentava una scuola bilingue in Italia, sento bene quanto il suo inglese sia già migliorato; per l’altra invece il salto è stato in effetti ancora più grande, ora qualche parola in inglese comincia a dirla, ma vedo comunque che si diverte, bene”.

Ultimo atto
“No, non c’è la nostra pressione, direi 1 a 10 rispetto all’Italia. Tutto molto più sereno, un po’ perché il calcio è magari meno seguito, un po’ perché credo che abbiano comunque un modo diverso di vivere lo sport. Il divertimento per me continua a essere l’andare ad allenarmi, mi piace ancora, per questo continuo a farlo. Penso a Gareth Bale, mio compagno qui, che dopo il Mondiale è arrivato a capire che per lui non ne valeva più la pena e ha deciso di smettere, stop. Fin che mi diverto, vado avanti e non so ancora per quanto, certo questa è la mia ultima esperienza, non più squadre, non più Italia, finito”.

Dopo
“Al dopo ci sto già pensando e l’idea è quella di rimanere nel calcio, con una parte manageriale, vedrò come andranno le cose, le opportunità che ci potranno essere. Con calma, senza fretta”.