L’arbitro “di casa”

Scritto il 24/05/2023
da Stefano Ferrio

L’inglese Harry Goodley che, come succedeva nel calcio di oltre un secolo fa, era anche dirigente factotum di una squadra come la Juve

 



Chi fischiò al debutto delle maglie azzurre
La figura più singolare di questa foto che ritrae grandi campioni del passato è sicuramente la seconda da sinistra tra quelle in piedi, ovvero l’arbitro di una partita destinata alla storia. Per la precisione si tratta di mister Harry Goodley, meglio noto come “Henry”, inglese di Nottingham, dove nasce il 30 marzo 1878.
Il giorno dell’istantanea è il 6 gennaio 1911, quando la Nazionale italiana, ritratta nello scatto assieme a mister Goodley, disputa a Milano la terza partita della propria epopea, un’amichevole contro la formidabile Ungheria dell’epoca. È la prima volta in cui l’Italia si schiera con la maglia azzurra, lo stesso colore della regnante casa Savoia, da allora mai più abbandonata, affidandosi a una formazione dominata dal blocco della Pro Vercelli, lo “squadrone” dell’epoca, rappresentato in campo da sei giocatori su undici.



Factotum
Trattandosi di un match non inserito in una qualche competizione internazionale (a quel tempo solo le Olimpiadi destinavano al calcio delle medaglie da conquistare), secondo una consuetudine allora in voga, spetta alla nazionale di casa “portare l’arbitro”. Un po’ come in certe sfide tra ragazzini al parco giochi o nel campo sotto casa, quando bisogna accordarsi su chi porta il pallone e chi, per l’appunto, deve procurare una specie di buon samaritano disposto a dirigere una partita in cui il rischio di essere contestato e insultato dai giocatori di almeno una delle due squadre, e spesso da quelli di entrambe, è molto elevato.
Nell’occasione la scelta cade su questo gentleman d’Oltremanica per condivisibili ragioni. Dopo avere praticato il football a livello amatoriale, Goodley è emigrato a Torino per lavorare nell’azienda tessile dell’imprenditore svizzero Alfred Dick il quale, non appena diventa presidente della Juventus, coinvolge il proprio dipendente anglosassone nei ranghi societari. All’interno di quella Juve, Goodley svolge funzioni di factotum: allena la squadra che nel 1908 vince il campionato italiano, organizza le attività del club, procura nella propria patria la prima muta di maglie bianconere con cui si sostituiscono quelle rosa degli esordi e, all’occorrenza, arbitra partite, mansione per la quale viene regolarmente retribuito dalla società stessa.



Debutto
Il nostro brilla in particolare per una conoscenza enciclopedica, ritenuta quindi inattaccabile, del regolamento di uno sport inventato nella sua terra natale, ed è questa la ragione per cui diventa arbitro poco contestabile anche delle partite dell’Italia. A lui spetta l’onore di dirigere il match di debutto della Nazionale, che il 15 maggio 1910, a Milano, batte 6-2 la Francia, e di nuovo a lui ci si rivolge per questa amichevole dell’Epifania del 1911, quando l’Italia ospita, di nuovo a Milano, l’Ungheria. Si tratta di una sorta di rivincita del sonoro 1-6 subito dai magiari sei mesi prima a Budapest e, a tale fine, il ct Umberto Meazza può disporre anche dei giocatori della Pro Vercelli, esclusi per punizione dalla Nazionale dopo essersi rifiutati di giocare contro l’Inter lo spareggio-scudetto del 1910, a causa di contrasti con la Federazione sulla data della partita.



Sconfitta
Ecco allora comparire in questa foto i fuoriclasse della squadra piemontese. In posa accanto all’arbitro Goodley, primo da sinistra, si riconosce Pietro Leone che assieme a Giuseppe Milano e a Guido Ara (da sinistra il secondo e il terzo degli accosciati) compone una linea mediana entrata nella leggenda. Assieme a loro rispondono alla convocazione azzurra altri tre giocatori della “Pro”: il difensore Angelo Binaschi (terzo in alto da sinistra) e gli attaccanti Carlo Rampini e Carlo Corna (rispettivamente sesto e nono in alto da sinistra). Un tale sfoggio di campioni, così come l’arbitro virtualmente “amico”, non impedisce all’Italia di evitare una seconda sconfitta contro quell’Ungheria composta da giganti del calcio, a cominciare dal centravanti Irme Schlosser, che dopo ventidue minuti di gioco realizza l’unico gol della partita.
Con lo scoppio della Grande Guerra mister Goodley torna in Inghilterra assieme alla moglie italiana Erina Parigi e ai loro tre figli. Morirà nella sua Nottingham il 7 gennaio 1951 dopo avere ricevuto, in vita, vari premi e riconoscimenti, fra cui l’orologio di cui gli fanno dono gli ex della “sua” Juventus durante una visita a Torino, nel 1930.