In onda: Roberto Cravero

Scritto il 09/05/2023
da Pino Lazzaro


“Primi anni del Duemila, José Altafini mio amico, lui era con Sky, lì a chiedermi se avessi mai provato… cercavano una seconda voce per la B e mi sono detto sì dai, esperienza nuova, ero pure curioso e poi m’è piaciuto e devo dire che mi sono pure piaciuto, anche questo è da tener conto”.

W il calcio
“Dopo tutti questi anni, non posso fare altro che dire che quel che soprattutto mi piace è proprio il calcio, le partite. Stadio o televisione, bene o male loro mi riportano indietro negli anni, a quella che insomma è stata la mia passione sin da bambino: ora non più da protagonista, ma sempre con serietà”.

Compiti a casa
“Ora, con Mediaset, le “mie” partite le so con ampio margine e certo che mi preparo, lo si deve fare, non è che arrivo là, cuffia e microfono, e via. Nei giorni che precedono la partita c’è sempre il confronto e lo scambio d’idee col telecronista e poi c’è internet, i dati e le curiosità, una sorta di infarinatura generale che sempre serve. In effetti quel che io più commento sono in definitiva i gesti tecnici e non so mai quali vedrò, però sempre utile conoscere caratteristiche e doti: lo dico sempre ai miei amici che bisogna studiare, non è che vado insomma al campo giusto come uno spettatore”.



Giusta distanza
“Se non dici le cose come le vedi, mancherei di rispetto in primis a me stesso. Devo per forza commentare comportamenti o scelte e non mi soffermo giusto a criticare. Ecco, dico che avrei per esempio fatto altro e in effetti non ne ho mai avuti di problemi, mai, credo anche per la tonalità che uso, come cerco sempre di esprimermi. Se uno gioca male, bisogna dirlo e altrettanto vale per i complimenti naturalmente. Si sa, mica facile lì in campo in A o in Europa: personalmente non parto mai per partito preso e se c’è un fallo da rigore non guardo la maglia, certo che no”.

Amarcord visivo
“Ora le cose sono cambiate, tutti gli stadi si sono modernizzati, in tanti posti gli spogliatoi per esempio non sono più dov’erano quando giocavo io, ecco così che solo quando sono lì a bordo campo, allora sì la visuale è simile e mi ricorda quella di un tempo. Penso per esempio all’Olimpico di Torino, quello che era il Comunale, ora è tutto cambiato e penso pure a Napoli, noi che si usciva da dietro una porta e ora lo fanno da metà campo ed è forse quello di Roma il meno cambiato. Così, quando mi capita di essere a bordo campo, non è che stia lì a guardare l’erba, il campo: guardo più le tribune, le curve, lì sì è quasi uguale”.



Amarcord tecnico
“Quella che non dimentico è una partita di un po’ di anni fa, Manchester City-Monaco, 5 a 3 per il City. Partita di Champions e ricordo un gol strepitoso di Falcao, il pallonetto che fece. Era quella una delle prime partite di Mbappé, sto ragazzino che ha fatto pure gol, facendo subito capire le qualità clamorose che aveva. Sì, quella partita insomma, giocatori straordinari, sarebbe da mostrarla di tanto in tanto, ancora e ancora e in effetti pure io, lì che guardo, dipendo sempre dalle prestazioni di quelli che giocano…”.

Memoria e memorie
“Di anni ne ho 59, gli scarpini certo che non me li metto più, ora un po’ di padel, ma sempre con ritmi “da pensionato”, è così. Certo che mi piacerebbe giocare ancora, ma non è possibile. In tanti dicono che non hanno rimpianti, io invece ne ho: certe partite non vinte, alcune scelte, dei gol subiti… ma così sono andate le cose, bisogna accettarle. Mi reputo comunque fortunato e quindi stop, basta”.   



Classe 1964, ha vestito via via le maglie di Torino (A), Cesena (B), ancora Torino per sette stagioni filate (le prime quattro in A, una in B e le successive due in A), Lazio (A) e infine di nuovo a Torino (A-B).