Io e il calcio... Marco Lodadio (ginnastica)

Scritto il 08/10/2022
da Pino Lazzaro


“Prima ancora che nascessi, i miei avevano in piedi un’associazione sportiva, nelle palestre comunali facevano corsi di ginnastica amatoriale. Così, sin da piccolo, le ho frequentate anch’io quelle palestre, mia madre mi portava con lei, altri modi non c’erano. Io vivace, a volte davo anche fastidio, ma copiavo gli altri bambini. Ho fatto pure nuoto, arti marziali e mi piaceva il calcio, lì nella piazzetta sotto casa, me la cavavo”.

Predisposizione
“Lì nella palestra avevano organizzato una gara, di serie C, che da noi significa dagli 8 ai 13 anni. Partecipai anch’io, giusto una settimana per prepararmi, andai bene, diciamo che le cose mi venivano facili: leggero, rapido, piccolino sì ma già forte. Ho così continuato ed è stato a 10 anni che m’ha visto quello che ancora è il mio allenatore, Gigi Rocchini e fu così lui a propormi di trasferirmi al centro Coni all’Acqua Acetosa, allenamenti mattina e pomeriggio, scuola la sera: molto impegnativo, ma mi piaceva tanto”.

Sacrifici, comunque
“I sacrifici, quelli veri, li ho fatti così subito, tra i 10 e i 12 anni. Giornate lunghe, impegnative, sacrifici pure dei miei, 40 km di strada, mio padre a portarmi, tornavo alle nove di sera e mi svegliavo alle sei di mattina. Sacrifici dunque anche per coloro che mi erano attorno, sempre con quel punto di domanda, chissà se poi sarei uscito fuori”.



Via quel però
“Il vero salto per me è stato a 22 anni, venivo da un periodo buio, risultati pochi, idem i soldi, lavoravo dopo gli allenamenti, ero più grande e me ne facevo tante di domande. Sono stato così cinque mesi senza palestra ed è stato proprio quel periodo a farmi scattare qualcosa dentro, sai i discorsi tipo uno che è forte però non ha la testa, ste cose qui. Ecco, io ho voluto togliere quel però: se la volevo fare sta cosa, quello era il momento”.

Dedicato
“Negli ultimi cinque anni le puoi contare sulle dita di una mano le volte che non sono andato in palestra, l’input è la continuità del lavoro, una sorta di filosofia di vita e qui c’è la mano del mio coach. E il mangiare, il riposo, affinare via via la dieta: fare insomma tutto il possibile per salire di qualità, ancora e ancora”.

Settimana-tipo
“Mi alleno sulle cinque ore al giorno, tutti i giorni, la domenica no. Tranne il mercoledì e il sabato, solo al mattino, per il resto sempre allenamenti doppi. Il mattino dedicato soprattutto alla prevenzione, all’attivazione e al potenziamento generale; al pomeriggio provando nei dettagli le parti degli esercizi, secondo i “miei” attrezzi: anelli, volteggio, corpo libero; pure un po’ di parallele che possono servire nelle gare a squadre”.



Meglio in gara
“No, faccio più fatica in allenamento che in gara, sono assolutamente un agonista. La mia parte stressato comunque lo sono, non perdo magari il sonno nelle vigilie ma di certo il peso sì, stress mentale e fisico. Dipende certo dalla gara, pensa che a Tokyo sono arrivato a gareggiare che da quasi 60 kg ero arrivato a poco più di 56… certo che le sento le gare, pensa un’Olimpiade”.

Un lavoro… normale
“Ora sono con l’Aeronautica Militare ed è una fortuna per me. Sono così un lavoratore, uno stipendio, i rimborsi spese, qualche premio quando capita. Per quanta fatica si faccia, per quanto impegno ci metto, non ci sono certo paragoni col calcio e non conta nemmeno il fatto che io sia tra i più forti. Insomma, a fine carriera, si deve ricominciare”.

Obiettivi
“Mettermi degli obiettivi mi serve, pure nel breve-medio periodo, anche perché ci sono dei passaggi obbligati che servono per arrivare a qualificarsi come squadra. Il primo pensiero va così a Parigi 2024, l’Olimpiade, ma ora ci sono i Campionati Italiani e tra ottobre e novembre i Mondiali a Liverpool”.



Sì alla ginnastica
“Certo, la consiglierei proprio la ginnastica. È formativa sul piano della coordinazione e dell’elasticità articolare e muscolare; aiuta a essere ordinati a livello mentale e credo sia molto utile per il proseguo di altri sport, come avere una buona base che ti dà una mano pure come prevenzione”.

Io e il calcio
“Per me il legame con la Roma è stato da subito una sorta di religione, tramite mio nonno e soprattutto mio zio e quante volte mia nonna ha ripetuto che prima di parlare, è l’ululato da lupetto che ho fatto sentire, povero il mio papà, lui interista, brutta botta per lui. Sì, sono cresciuto nel mito di Totti, lo scudetto quand’ero piccolo, il calcio che considero lo sport più bello del mondo anche se a livello mediatico pare quasi ci sia solo lui e non capisco perché non si riesca a far sì che possano crescere pure gli sport cosiddetti minori”.

Progetti
“Sarei uno stolto a non pensare al dopo. Ora di anni ne ho 30, almeno altri due penso/spero di averli davanti, per arrivare all’Olimpiade, anche se non posso sapere se succederà. Confusione, ecco quel che ho dentro, ma nemmeno pretendo di averla ora della chiarezza. Potrei sì continuare come allenatore, più quell’altro sogno, di aprire una mia struttura sui Castelli Romani, creare una realtà per portare altri ragazzini a poter vivere quel che ho potuto vivere io, cercando insomma di promuovere questa mia ginnastica”. 



Classe 1992, da Frascati, atleta del Centro Sportivo dell’Aeronautica Militare, Marco Lodadio è uno degli elementi di punta della nostra Nazionale di ginnastica artistica e “l’attrezzo” in cui è maggiormente competitivo sono gli anelli, specialità con cui ha portato a casa, oltre a numerosi titoli italiani assoluti, pure tre medaglie mondiali: Doha 2018 (bronzo), Stoccarda 2019 (argento) e Kitakyushu 2021 (in Giappone, argento).