In onda: Manuel Pasqual

Scritto il 10/11/2022
da Pino Lazzaro


Di Musile di Piave (VE), classe 1982, dopo gli inizi a Musile e in altre società dilettantistiche del Veneziano e del Trevigiano, passa a 16 anni nel settore giovanile della Reggina. Seguono le stagioni in D con Derthona e Pordenone, col successivo esordio tra i professionisti (in C1) col Treviso. Dopo di che la sua carriera è proseguita tutta in Toscana: prima con l’Arezzo (C1-B), poi con la Fiorentina (undici stagioni filate in A) e infine con l’Empoli (A-B-A). Sono 11 le sue presenze con la Nazionale.

 



“Ho smesso nel 2019, non trovavo squadra, pur se l’idea era quella di continuare. Poi la pandemia, il calcio che mi mancava, io consapevole che le sapevo leggere bene le partite. Dunque allenatore? No, non l’ho mai avuta in testa questa idea, di carattere sono fatto così, diretto e schietto: ho imparato che non con tutti i calciatori e dirigenti lo puoi essere. L’altra strada poteva essere allora quella del commentatore tecnico, dell’opinionista: è quella che ho preso”.

Quel che piace di più
“Il commento dei 90 minuti, perché almeno lì ritrovi in parte un po’ di adrenalina e sei lì che cerchi di capire quel che sta capitando in campo, di captare quel che succede o sta per succedere”.

Il prepararsi
“Di solito sappiamo per tempo pacchetti di 3-4 partite. Più partite vedi di una squadra, più ne sai, per poi sempre comunque andare nel dettaglio per la singola partita. Dunque la rassegna stampa per sapere le novità, chi è disponibile e chi è acciaccato; le conferenze stampa degli allenatori alla vigilia e poi il pacchetto di statistiche che ora Dazn ci fornisce, curiosità e spunti vari. Possono magari interessare più il telecronista – metti il giocatore che sono sei domeniche di fila che segna – però se li fa con lo stesso movimento, ecco un qualcosa che può servire pure a me”.



Il “giudicare”
“No, sono rari i miei giudizi, non mi sono mai piaciuti, anche se magari li accettavo dagli ex calciatori, loro che sapevano almeno mettersi nei miei panni. Ed è quello che ora cerco di fare anch’io: il grosso errore lo vedono tutti e così quel che provo a fare è spiegarlo, magari era posizionato male, cose così”.

Sentirle le partite
“Dai, l’adrenalina non è certo la stessa, non può esserlo. A volte capita che vado ancora a pestare l’erba sul campo, sempre ai bordi, altrimenti sai com’è, i giardinieri si lamentano… l’odore dell’erba, la gente che riempie lo stadio. Qualcosa c’è, ma non può essere certo quella di prima”.



Ricordando
“Penso intanto alla mia prima, era per Rai International, Roma-Juventus, giusto la prova, col piacere di essere al fianco di Alberto Rimedio (telecronista sportivo e conduttore televisivo della Rai) che tanto mi ha aiutato e ricordo quanto fossi tirato e nervoso. Poi il percorso fatto con De Capitani (giornalista di Rai Sport) seguendo l’Under 21, scoprendo che basta un niente e tu sai già cosa ti chiederà, il feeling che s’era creato. E gli ultimi Europei, un mese a Londra, dovevo seguire giusto l’Inghilterra, sino alla semifinale e ripenso dunque a Wembley, 50-60 mila spettatori: ecco, lì comunque l’adrenalina certo almeno un po’ si alza”.

Ancora sul campo?
“Un po’ gioco ancora, un torneo invernale a sette, una volta la settimana. Andare a correre non mi piace e grazie così a quella banda di amici c’è la possibilità, prima e dopo, di stare assieme, di fare “spogliatoio”, sempre provando a vincere naturalmente. Ora sto prendendo un po’ di lezioni di padel, vediamo un po’”.