Non solo calcio... Filippo Zana (ciclismo)

Scritto il 10/12/2022
da Pino Lazzaro


“I miei con quel loro ristorante-birreria, io lì con la bici di mia sorella, bella gialla, ce l’ho ancora, che mi divertivo. Chi portava ai miei la carne era un amico di famiglia, aveva corso in bici, lui così a dirmi che mi avrebbe portato “a correre”, avevo cinque anni e ho dovuto aspettare di averne sei per cominciare. Un anello attorno allo stadio di calcio, strada asfaltata, ne chiudevano metà”.

Innamoramento
“Ho cominciato così, per scherzo ed è stato poi che è scoppiata la passione e tanto hanno voluto dire le gare, l’agonismo, scoprendo sta specie di sfida con me stesso e me ne sono innamorato. Mi considero tutto sommato fortunato, la passione che ho ora come ora è un lavoro e chissà quanti, anche magari dopo la laurea, vanno a fare qualcosa che non piace. È il sogno che avevo da bambino e intanto l’ho raggiunto: io davanti alla televisione, Giro e Tour, era lì dentro che volevo arrivare”.

Sempre il 110%
“Tanto mi hanno aiutato le persone che mi sono state vicine, famiglia e altri ancora, ma se non te ne stai lì con la testa, allenarti oggi per prepararti a dare il 110% in quello di domani … gli amici che escono, la stanchezza, però sai che l’indomani devi essere al 100% per dare il 110%... allora li fai anche i sacrifici che in fondo non è che pesino poi tanto, per provare ad avere quella marcia in più per arrivare. È quello che volevo da bambino, tanti lo vorrebbero, poi ti arrivano addosso le cose della vita, c’è da fare questo o quello, però per me il ciclismo è diventato via via negli anni sempre più importante e io ci ho creduto sempre di più”.



Un altro sogno
“Con la scuola ho finito le superiori, istituto tecnico agrario e devo dire che sia i miei compagni che… metà degli insegnanti me l’hanno data una mano. Via per le corse, via con la Nazionale e per fortuna c’è stata quella… metà degli insegnanti che ha capito. La vita di un’atleta non dura molto, tutti a ripetermi di pensare al futuro e il sogno allora è quello di arrivare ad avere una mia azienda agricola: appena posso vado qui da un mio amico, ha una stalla, mucche da latte, mi piace e mi sento bene”.

In maglia tricolore
“Essere campione d’Italia non l’ho realizzato subito, mi ci sono voluti dei giorni, indossare quella maglia, i primi allenamenti e dove proprio l’ho capito è stato nelle prime gare. È stato bello e inaspettato, non ero pronto e certo so bene di avere adesso ancor più responsabilità. Sì, quel video ce l’ho sul telefonino, lì ancora a domandarmi se sono proprio io quello che vince: lo ricorderò per sempre”.

Identikit
“Il mio forte sono le salite e sono un po’ debole nelle cronometro e visto che vorrei diventare un buon corridore nelle corse a tappe, di sicuro devo e dovrò migliorare. Sinora qualche risultato l’ho avuto in quelle di 5-10 giorni: un altro sogno è quello di arrivare tra i primi in un grande giro”.

Un altro gradino
“Essere ora con una squadra World Tour è un altro sogno realizzato, avendo per compagni dei campioni, io che li guardavo in televisione. Subito dopo il Lombardia c’è stato il primo mini-ritiro, lì a tavola con loro, per me come andare all’università… voglio imparare e cercare di “emergere” di più, anche per ripagarli della loro fiducia. Di mio sono più uno silenzioso, anche timido la sua parte, però so bene che bisogna interagire e dopo un po’ ci sono”.



Settimana tipo
“In preparazione mi alleno in pratica tutti i giorni, iniziando dal lunedì con della forza in palestra e bici al pomeriggio, in agilità. Ancora forza al martedì, anche 4 ore in bici, ripetute da 3-4 minuti in salita col rapporto duro, tenendo d’occhio la frequenza dei watt. Al mercoledì uscite anche di sei ore, salite lunghe; un po’ di scarico al giovedì e ancora salita e forza al venerdì; idem al sabato con un altro lavoro bello lungo, poi, ancora sulle sei ore, la domenica. In periodo di corse, primi due giorni un po’ tranquilli per smaltire la gara e poi sempre ore e ore di lavori misti, con pure dietro moto e in pianura, pensando alle cronometro…”.

Milanista, un po’
“No, a calcio non ho mai giocato. Ho un amico, 50 metri da casa, lui gioca ancora e così da piccolo, tranne i due allenamenti che facevo con la bici, andavo con lui al campo, lì insomma ho fatto così un po’ di calcio. In televisione me le guardo le partite, sono tifoso del Milan, anche se a San Siro ancora non ci sono stato: gli unici stadi che conosco sono quelli dei paesi qui vicino”.  

Mai mollare
“I miei amici mi trattano come sempre, so bene di essere sempre io e spero di restare così. D’accordo, la maglia di campione italiano, soddisfazione e onore, però la vita di tutti i giorni è sempre la stessa. Perché sì alla bici? Intanto il primo consiglio è quello di fare comunque dello sport, di non starsene chiusi in casa. Sono di parte, lo so, la bici mi piace anche perché sei fuori all’aria aperta, ma ammetto che la situazione stradale ora è pericolosa. Quel che ho imparato con lei? Di non mollare mai e di saper soffrire: se molli, hai perso”.



Classe 1999, da Piovene Rocchette (VI), ciclista professionista dal 2020, Filippo Zana ha iniziato con la bici con la società del suo paese, a sei anni (la S.C. Piovene Rampon), passando poi via via con la Contri Autozai, la Cage Maglierie, ancora la Contri, poi la Trevigiani sino a passare prof con la Bardiani CSF. Nel 2022, dopo il primo posto nella classifica generale dell’Adriatica Ionica Race (quattro tappe), ha vinto ad Alberobello il titolo di campione italiano su strada. Dalla prossima stagione vestirà i colori della BikeExchange-Jayco, formazione World Tour, che annovera tra gli altri Simon Yates, Michael Matthews e Zdenek Stybar. Forza e complimenti.