Biblioteca AIC
Italia ‘90
Il mondo, di colpo, prese una brutta piega. Il prato, perfettamente piano, mi apparve come la più faticosa delle salite. Le tribune del San Paolo mi si avvicinarono paurosamente, come una morsa pronta a stritolarmi. Potevo distinguere i volti dei singoli spettatori, li vedevo agitarsi, li percepivo come ostili. Mi sembrava di intuire i loro pensieri. Erano carichi di aspettative. Che senso aveva quel loro continuo muoversi? Mi chiedevano solo una cosa, tutti: “Butta quel pallone alle spalle del portiere, dentro alla porta argentina”. Ma le mie orecchie non sentivano alcun rumore. Solo il battito del mio cuore che rimbombava tra le tempie.
Ecco Serena
“Anni fa m’era arrivata qualche proposta da delle case editrici, ma avevo lasciato stare, il dover parlare di sé, insomma … l’anno scorso poi, tramite Franco Vanni, ecco Baldini-Castoldi, proposta che invece m’ha fatto riflettere”.
Motivo n. 1
“Ho pensato agli anni passati a Montebelluna, quello che nel tempo ho cercato di dare al mio luogo d’origine, pure le donazioni che posso aver fatto. E circa 30 anni sono pure quelli che ho passato a Milano, l’idea così di riprovare a dare qualcosa, impegnandomi – il libro e le stesse presentazioni – in modo che tutto il ricavato vada al Centro Tumori di Milano, ecco il qualcosa”.
Motivo n. 2
“Ho avuto tardi i figli e il più piccolo, ora non ancora tredicenne, di colpo ha voluto giocare a calcio, è tesserato col Caerano San Marco. Ho modo così di seguirlo, girando per i campi e davvero bisognerebbe organizzare dei corsi educativi per i genitori; non tutti, d’accordo, ma quante urla, baruffe eccetera, incredibile. Una pressione enorme verso sti ragazzini ed è per questo che poi tanti smettono, basta. Sì, il mondo che ho vissuto è certo antico, tanto e tanto è cambiato, ma i sentimenti e le emozioni penso siano le stesse e il tutto è ancora più fondamentale a quella loro età, ecco perché ho deciso di scriverlo e di scriverne”.
Il cantiere
“Ho iniziato a settembre dello scorso anno e l’ho poi consegnato lo scorso giugno. L’ho scritto io e Franco Vanni m’ha dato poi una mano sia nella punteggiatura, sia nello stimolarmi a inserire questo o quello, qualcosa che mancava, che valeva la pena di aggiungere”.
Colpi di testa…
“Il titolo è venuto da loro e l’ho trovato subito bello, specie per quel gioco di parole: da una parte quel che in effetti mi riusciva meglio sul campo e dall’altra quell’estrosità che in fondo non ha mai fatto parte di me, io che sono più insomma un precisino”.
Atmosfere
“Alle presentazioni finora pochi giovani, direi che siamo dai 40 in su. Avevo 18 anni quando mi sono trovato catapultato lì all’Inter, con quella sorta di stupore e incanto che mi ha poi sempre accompagnato, come dire che c’era sempre un po’ di sorpresa dentro di me. Ecco, un qualcosa che avverto viene recepito, sì”.
Ancora su un campo?
“No, stop, un ginocchio così così, un’anca pure. Vado in bici e un po’ in palestra, né correre né camminare in montagna e proprio basta giocare”.
Sfogliando
(pag. 15) Ruggeri (difensore dell’Argentina) mi piazzò un pestone e sentii tutti i sei tacchetti sul collo del piede. Il dolore era alle stelle, ma mi uscì un sorriso, e gli dissi che doveva picchiare più forte perché non avevo sentito niente…
(pag. 30) Dopo qualche partita mi misero la fascia rossa al braccio sinistro. Ero il capitano e lo sarei stato in tutte le categorie giovanili…
(pag. 31) I suoi insegnamenti (del papà) avvenivano attraverso i gesti e i comportamenti. Le parole erano scarse, rade. Il nostro rapporto fisico era assente… ho sperato in una carezza, ho aspettato un complimento in quegli anni e anche in quelli successivi, ma non è mai arrivato…
(pag. 64) La sostituzione del tecnico durante il campionato è una sconfitta per tutto lo staff, a partire dai calciatori. Il saluto finale fu toccante. Vedere il mister (Renna), che aveva suppergiù l’età di mio papà, così deluso e avvilito mi ferì profondamente…
(pag. 75) Al tempo le vittorie si potevano festeggiare liberamente, anche lasciandosi un po’ andare, senza il timore di migliaia di telefoni cellulari pronti a filmare o immortalare la scena…
(pag. 101) Chi ha tanti anni alle spalle di calcio difficilmente accetta in modo acritico nuovi metodi di lavoro, a volte faticosi da recepire e assimilare…
(pag. 121) Per quanto mi riguarda, non ho nemmeno mai chiesto bonus per presenze e goal, dando per scontato che segnare fosse il mio lavoro, non una cosa in più per cui essere premiato…
(pag. 128) Non ho mai pensato di avere grandi capacità, forse anche perché mio padre mi ha sempre fatto pochi complimenti. Col senno di poi, penso che questo mi abbia spinto a fare sempre meglio…
(pag. 131) I miei genitori, che in tribuna pensavano di non essere riconosciuti, mi raccontarono di essere stati sommersi da abbracci e baci al momento del goal, tanto da ritrovarsi seduti due file più in basso…
(pag. 171) Ma il benessere, l’atmosfera di comunione e l’armonia che le vittorie portano in un gruppo di calcio, difficilmente si mantengono quando i punti non arrivano, le critiche piovono e la classifica langue…
(pag. 185) Ancora oggi a Milano la critica è spietata e una delle qualità che deve avere un giocatore per poter sopravvivere al Meazza è la personalità…
(pag. 210) Il calcio ha la bellezza di darti dopo pochi giorni da un errore la possibilità di rifarti, ma anche la crudeltà di far dimenticare in fretta le vittorie e i successi, perché dopo ogni battaglia immediatamente incombe la successiva…
(pag. 287) Vedere crescere i miei figli mi emoziona. Notare in loro tratti di carattere o espressioni che riconosco come miei è spiazzante e bellissimo. I figli sono altro da te, ed è bene rispettarlo, ma allo stesso tempo sono parte di te.
Chiusura
Ho cercato con ogni sforzo di avvicinare quanto più possibile i miei ricordi alla realtà dei fatti, anche se mi rendo conto che la memoria, dopo tanti anni, difficilmente conserva in maniera immutata il vissuto. Il tempo può aver aggiustato o tolto toni di colore al quadro della vita. I miei desideri di oggi possono aver modificato le emozioni di allora, smussando alcuni dispiaceri o accentuando qualche gioia. Guardando a ritroso, il passato mi appare come una fotografia leggermente sgranata. E, quando mi guardo allo specchio, nel mio volto colgo un’espressione indefinita, costruita dai tantissimi momenti e pensieri che si sono succeduti negli anni. Questo è il racconto di me stesso e delle persone che ho conosciuto, nella mia vita da calciatore e in quella successiva. È parte di me, di com’ero e di chi sono ora.
Aldo Serena con Franco Vanni
I MIEI COLPI DI TESTA
Le scelte, i derby e gli scudetti di un centravanti con la valigia
Baldini+Castoldi
LA SCHEDA
Da Montebelluna (TV), classe 1960, Aldo Serena il suo esordio con una prima squadra l’ha fatto proprio col Montebelluna in serie D. Passato all’Inter, ha poi via via vestito le maglie di Como (B), Bari (B), Inter (A), Milan (B), Inter (A), Torino (A), Juventus (A), Inter (A) e Milan (A). Capocannoniere con 22 gol nell’88/89 con l’Inter, ha nel suo palmares 4 scudetti (due col Milan, uno ciascuno con Juve e Inter), una Coppa Italia (Inter), due Supercoppe italiane (Inter e Milan), una Coppa Uefa (Inter) e una Coppa Intercontinentale (Juventus). 24 le sue presenze con la Nazionale maggiore (col bronzo a Italia ’90). Per anni e sino lo scorso anno, commentatore sportivo per Mediaset.
▪ Franco Vanni, giornalista de la Repubblica, ha scritto saggi e romanzi. Con Baldini+Castoldi ha pubblicato i gialli Il caso Kellan (2018) e La regola del lupo (2019).