La partita che non dimentico, Manuel Giandonato

Scritto il 13/12/2022
da Pino Lazzaro

Abruzzese di Casoli (Chieti), classe 1991, Manuel Giandonato, entrato quattordicenne nel settore giovanile della Juve, vi ha fatto poi l’esordio – diciottenne – in prima squadra (dunque in Serie A) nella stagione 2009/2010. Dopo la Juve, ha vestito via via le maglie di Lecce (A), Vicenza (B), Cesena (B), Juve Stabia (B), Salernitana (C), Catanzaro (C), Padova (C), Lanciano (B), Livorno (C), Fermana (C), Piacenza (C) e Olbia (C); da questa stagione è tornato alla Fermana (C).

 



“Per tutto quello che mi ha trasmesso, la partita che più mi è rimasta dentro negli anni è un derby, sentitissimo, Livorno-Pisa, io col Livorno, partita vinta per 2 a 0 e da lì siamo poi andati a vincerlo il campionato. Venivamo da un periodo difficile, avevamo perso la testa della classifica e l’allenatore che era stato esonerato – era Sottil – venne richiamato giusto in quella settimana. C’era poi quel giorno, altro ancora, la ricorrenza della morte di Morosini ed è una piazza, quella di Livorno, che è rimasta sempre molto legata a Piermario”.

La diapositiva
“Ripenso allora a come tutti alla fine ci siamo abbracciati, panchina compresa, sotto quella nostra curva, è questo che rivedo. Una vittoria che valeva sì per il campionato, la classifica eccetera, ma pure proprio per la piazza che necessitava qualcosa di più: tante emozioni insomma, che quel giorno si sono sovrapposte una sull’altra”.



In giro per l’Italia
“Che vuoi, quando esci da una società importante e cominci ad andare in prestito, può venirti a mancare la maturità necessaria, il capire per davvero come funzionano le cose, gli stessi atteggiamenti che devi avere. Certamente nei primi anni ho sbagliato e non poco: la colpa era sempre degli altri, magari per qualche partita non mi facevano giocare e mollavo, entravo 10’ ed ero svagato, mettendo poco di mio”.

Consapevolezza
“C’è chi lo capisce prima, chi dopo, chi mai, chi invece è già subito “imparato”. Un po’ di tutto questo io l’ho cominciato a capire proprio quando non avevo più le spalle parate dal fatto che ero in prestito, tanto – prima pensavo – un’altra squadra la trovavo: se non si cambia, dovunque vai non giochi da nessuna parte”.



Anni buoni
“Sono anni questi in cui credo di stare dando il mio meglio, sono tranquillo di testa e me la sto godendo. Quel che ora come ora mi diverte di più è godermi lo spogliatoio, cercando di trasmettere quei giusti valori. Proprio per l’esperienza dei miei errori che non mi hanno permesso di fare una carriera che forse poteva essere anche diversa, far sì che specie i giovani comprendano la necessità di essere costanti e “cattivi” agonisticamente”.

Dopo
“Un po’ ci penso, ogni tanto. Idee chiare per ora non ne ho, però quella di provare a fare l’allenatore, ruolo che so bene essere difficilissimo, confesso che mi stuzzica, sì”.