Prodezze e sventure di un “numero 1”

Scritto il 13/04/2023
da Stefano Ferrio


Nella ricca dotazione dell’archivio fotografico dell’Associazione Calciatori spiccano figure e scene rubate a letteratura e teatro, come lo sguardo malinconico di Carlo Ceresoli, portiere azzurro nella “sfida di Highbury” del 1934.

 


Gentleman compassato e cavalleresco
Lo sguardo e l’incedere colti in questa “figurina” di oltre novant’anni fa, non ancora inserita in alcuna raccolta, sono quelli del gentleman compassato e cavalleresco che sfoggia la sua divisa da portiere come se si stesse accingendo a disputare una domenicale amichevole, con successivo cocktail party.
È lo sfondo di una gradinata gremita a rivelarci che il contesto è invece quello del massimo campionato italiano di calcio, edizione 1930-’31, nel quale Carlo Ceresoli, nato a Bergamo il 14 giugno 1910, è il ventenne estremo difensore dell’Atalanta, la squadra nerazzurra della sua città. In questo ruolo lo eterna l’immagine che abbiamo davanti, tratta dal formidabile archivio dell’Associazione Calciatori.



Parava il parabile
All’epoca di questo scatto, si favoleggia di Ceresoli come di un campione destinato a mietere gloria ovunque possa dare dimostrazione del tempismo e dell’audacia che sa magistralmente assortire al momento di parare il parabile, e forse qualcosina di più. Tanto è vero che nel 1932 la profezia pare avverarsi quando l’Atalanta lo vende all’Ambrosiana, come allora si chiamava la “beneamata” Inter, decisa a vincere il quarto scudetto della sua storia.
Tutto secondo copione, quindi? Ma neanche per sogno. La foto dice il vero: questo è innanzitutto un gentiluomo prestato al calcio affinché lasci segni della propria classe indipendentemente dal “palmarés” dei titoli conquistati. Prima di ricostruire cosa gli succede all’Inter, prendiamo ad esempio la sua carriera in Nazionale, dove il commissario tecnico Vittorio Pozzo, sensibile a tanto talento, inevitabilmente lo convoca, ma per fargli vedere solo da bordo campo ben due trionfi mondiali degli azzurri.



Sfortuna azzurra, fortuna rossoblù
Nel 1934 gli tocca rincasare anzitempo, visto che si rompe un braccio durante uno degli ultimi allenamenti a Firenze, ed è così costretto a cedere il posto a Gianpiero Combi, portiere della Juventus, uno degli eroi del primo titolo mondiale, vinto a Roma. Nel 1938, il nostro di nuovo si rompe prima della partenza per Parigi, dove sarà comunque ammesso a fare la riserva del titolare Aldo Olivieri, peraltro così bravo da guadagnarsi la maglia azzurra anche se all’epoca milita in Serie B, come portiere della Lucchese.
Nel frattempo, dopo quattro stagioni senza allori all’Ambrosiana Inter, Carlo Ceresoli è stato ceduto al Bologna dove, pur arrivando con le stimmate dell’”ex campione”, si riscatta in modo così perentorio da contribuire agli scudetti vinti dalla squadra rossoblù nel 1937 e ‘38. Che è come dire, se andate in cerca di un fuoriclasse del genere, non guardate al centro dei riflettori, ma un pochino più in là, dove il suo talento rifulge ai confini con zone più grige e rarefatte.



Contro i “maestri” inglesi
Succede anche in Nazionale, fra i cui pali torna titolare già nel 1934, non appena guarito dal proprio infortunio. Si ripresenta giusto in tempo per essere convocato dal ct Vittorio Pozzo fra i giocatori in partenza per Londra, dove il 14 novembre 1934, allo stadio di Highbury, la nazionale dei “maestri” inglesi, all’epoca refrattari a partecipare a qualsiasi competizione internazionale, accetta di incontrare in amichevole l’Italia campione del Mondo.
Dopo una manciata di minuti è già rigore per l’Inghilterra. Lo batte lo specialista Eric Brook, ma Ceresoli, senza giovarsi di alcun “video” preparatorio come fanno oggi i suoi eredi, glielo neutralizza con una parata a dir poco sensazionale, che lascia i presenti di stucco.
Nonostante una tale prodezza iniziale, nei successivi dieci minuti il portiere dell’Italia raccoglie ben tre palloni nel sacco della propria rete, battuto da gol che sembrano avviare gli inglesi al trionfo atteso dai propri tifosi. Non sarà così, perché dal quarto d’ora del primo tempo in avanti i giocatori italiani rinascono dalle proprie ceneri e diventano leggenda segnando due reti ad opera di Giuseppe Meazza, capace poi di sfiorare il pareggio a cui dice no solo la traversa.



I “Leoni di Highbury”
Se quegli azzurri passano alla Storia del football come i “Leoni di Highbury” lo si deve anche alle parate che, in novanta minuti di incessante furore agonistico, l’estremo difensore italiano oppone alle ripetute conclusioni degli avversari in maglia bianca.
Alla fine sono solo otto le partite disputate da Carlo Ceresoli in Nazionale, ma ne basta una per farlo entrare fra i grandi Azzurri di sempre. Un onore che lo accompagna fino alla morte, avvenuta nella sua Bergamo il 22 aprile 1995.