Pallone e dintorni... Giorgio Scalvini

Scritto il 08/04/2023
da Pino Lazzaro


“Col calcio ho iniziato che ero davvero piccolo, ricordo che avevo tre anni, lì a giocare a pallone in casa. C’era mio fratello, più grande di me che già giocava, s’andava a vederlo e capitava così, già nell’intervallo o alla fine delle partite, che giocavo con mio padre o con i fratelli dei compagni di mio fratello. Proprio mi piaceva, tanto è vero che alla scuola calcio a Palazzolo, ho cominciato un anno prima dell’età minima. 500 metri da casa, andavo a piedi o in bicicletta e di campi ce n’erano due, uno abbastanza bello dove giocava la prima squadra, l’altro era proprio un campo di patate e ricordo che era un po’ speciale quando capitava di giocare in quello bello. Ero sempre lì, con gli amici o con chi trovavo e mia madre che si arrabbiava, vestiti sporchi o anche strappati e pure a scuola, nell’intervallo, sempre lì a giocare”.

Zio Marco, il “tassista”
“A dieci anni sono passato al Brescia ed è stata una grande e bella emozione. Già l’anno prima mi allenavo un paio di volte la settimana con loro, sono andato a fare pure dei tornei e non è che in quel tempo ci sia stato proprio per me un tassista: un po’ col pulmino e un po’ i genitori che si alternavano perché eravamo in quattro della nostra zona. Il tassista l’ho proprio avuto invece dopo che sono passato all’Atalanta, mio zio Marco, sempre con me, sempre ad aspettarmi, allenamenti e partite”.

95
“Fare il calciatore, sì, è il sogno che ho avuto sin da bambino. I miei e specie mia madre che fa la maestra, hanno sempre insistito sull’importanza della scuola e intanto mi sono diplomato, liceo scientifico sportivo, i primi tre anni in una scuola pubblica, poi col Covid e l’orario che arrivava alle tre e anche alle quattro del pomeriggio, sono dovuto passare a una privata, lezioni sino alle 13, così potevo continuare ad allenarmi. Sono uscito con 95 e l’idea che ora ho, per il prossimo anno, è quella di iscrivermi all’università, non so ancora bene che indirizzo, ma penso di continuare con gli studi”.

Esprimersi
“È stato l’anno che sono salito in Primavera che m’ha fatto pensare che potevo farcela, l’ho vista subito la tanta differenza con gli anni prima, tutto era più “serio” e poi ancor più quando sono stato convocato per il ritiro d’inizio stagione con la prima squadra e come poi m’abbiano fatto sentire parte integrante del gruppo, la “spinta” che ho così ricevuto. E devo dire che mi trovo benissimo in questo mio fare il calciatore. Va bene, è pure un lavoro perché abbiamo degli obblighi da rispettare, ma per me essere calciatore vuol dire essenzialmente divertimento, è questa la cosa principale, l’essere felice in modo di cercare di poter dare il meglio di me”.

Sacrifici?
“Questo fatto del piacere legato al mio essere calciatore, per me è importantissimo perché ho sempre così la voglia di migliorarmi, lì ad ascoltare il mister, lo staff, i compagni, cercando sempre d’imparare da chi ne sa di più. Sacrifici? Sì, potrei pensare al poco tempo che avevo, il tempo libero era soprattutto dedicato allo studio, però non li ho mai sentiti particolarmente pesanti”.



Un mondo positivo
“Devo dire che è un mondo in cui mi trovo bene, squadra e staff, l’ho già detto che m’hanno fatto subito sentire come uno di loro, pure con i tifosi. Tutto va bene ed è un mondo positivo il mio, sì. Le pagelle? Mi capita di leggerle ma non do poi tanto peso, quelli che contano per davvero sono il mister e i compagni”.

La compagnia
“Fortunatamente Zingonia è a una mezzora da casa mia, vivo ancora con i miei e gli amici della compagnia sono sempre gli stessi. Magari ho meno tempo di prima per poter uscire con loro e devo dire che non è che mi senta proprio un privilegiato, mi sento tuttora uno come loro, solo più bravo a giocare a calcio, ecco tutto, niente di più”.

Crescendo
“Rispetto a com’ero qualche anno fa e pure la scorsa stagione, ora sono più attento anche ai dettagli, il seguire una dieta, lavori pure personali in palestra, sia come prevenzione per gli infortuni che, con la forza, cercando di aumentare la massa muscolare. No, per adesso almeno non mi capita di non dormire alla vigilia delle partite, diciamo che mi porto dentro un mix fatto di pressione – che per me è una tensione positiva perché in serie A non c’è proprio da sottovalutare nessuno - e della ricerca comunque di una certa qual tranquillità e serenità per cercare di avere lì sul campo le idee ben chiare su quel che devo fare”.


Nello spogliatoio?
“Non sono né un “muto”, né un chiacchierone, diciamo una via di mezzo. Certamente sto lì ad ascoltare gli altri, ma se mi sento di dire qualcosa, la dico. Cerco poi di essere lo stesso anche quando capita che sono con l’Under e certo mi accorgo che lì sono visto un po’ diverso, per via delle esperienze che già ho fatto, ne ho un po’ di più degli altri”.

In campo
“Sì, sono consapevole che siamo seguiti da milioni di persone, di sbagli specie nel comportamento non puoi permetterti di farne, sarebbe ancora più grave e non è che di questo se ne parla poi nello spogliatoio, trovo che sia insomma un qualcosa di scontato. Lì sul campo tutto sommato riesco a estraniarmi: mi isolo e cerco di badare più a quello che mi arriva dai miei compagni. Con gli arbitri penso vada bene, magari con l’adrenalina e la tensione che ci può essere mi può scappare la protesta, ma è giusto un qualcosa di istintivo, che dura proprio un istante”.

Il modello Thiago Silva
“Il giocatore a cui ho sempre guardato è Thiago Silva. Lo seguivo già da piccolo, lui allora era al Milan, mi piaceva quel suo modo di stare in campo, la sua “presenza” e anche poi, quando è andato al Paris Saint-Germain e ora al Chelsea, ho continuato a seguirlo, per me un esempio da imitare, lui che nonostante l’età è ancora tra i top del ruolo”.

La partita che non dimentico
“Di certo l’esordio in A con l’Atalanta, qualcosa di fantastico. Contro l’Udinese, in casa, è finita con un pareggio: ero in panchina, era il secondo tempo ed eravamo in tre a scaldarci, era rimasto un solo cambio da fare e hanno chiamato Piccoli. Allora io che torno camminando e quando sono lì vicino, ecco che il mister Gasperini dice che “no, no, entra tu Scalvo”. Così, tutto improvviso, senza nemmeno star lì a doverci pensare… Un’altra che certo non dimenticherò è quest’anno con la Roma, lì da loro, vinto 1 a 0 e il gol l’ho fatto io”.


Classe 2003 (dicembre), Giorgio Scalvini ha iniziato col calcio lì al suo paese, Palazzolo sull’Oglio, passando poi a dieci anni nel settore giovanile del Brescia. È seguito poi, da giovanissimo, l’approdo all’Atalanta, con cui ha fatto l’esordio in serie A non ancora diciottenne (ottobre 2021: Atalanta-Udinese 1 a 1). Dopo le esperienze nelle giovanili azzurre a partire dall’U15 sino all’U21, ha debuttato con la Nazionale maggiore (4 sinora le sue presenze) nel giugno 2022 (a 18 anni e mezzo), a Mönchengladbach, nella partita di Nations League contro la Germania (5 a 2 per loro).