“Il calcio lo seguo ancora, anche se meno di una volta. Sono sempre stato tifoso dell’Inter e cerco così di seguirle le sue partite, specie quelle più importanti. Ci ho giocato sino a 14 anni, non che fossi certo un talento, ma grazie alla corsa me la cavavo. Per un periodo facevo così sia calcio che atletica e ho fatto presto a rendermi conto che l’atletica mi veniva meglio, che col calcio più avanti della squadra lì del paese non sarei andato”.
Poterci stare
“È stato poi, avevo 17-18 anni, che ho iniziato a pensare che l’atletica avrebbe potuto diventare qualcosa di importante. Vedevo che miglioravo, arrivavano i risultati, poteva insomma diventare, come dire, proprio un lavoro anche se c’è sempre per fortuna la passione di base. Dunque dedicarmi allo sport, obiettivi che diventano sempre più importanti: insomma, un cammino”.
Privilegiato
“Sì, lo considero adesso un lavoro, però senza dimenticarmi che è pur sempre sport quello che faccio, quello che in effetti la gente normale fa dopo il lavoro. Mi ritengo dunque fortunato: a volte ci sono giorni in cui magari la voglia è quella che è, però quel che devo fare lo faccio lo stesso, cerco sempre di dirmi – lo ripeto – che è sempre e comunque sport. Privilegiato? Lo sono, lo so. Ma so pure che bisogna sempre meritarsele le cose e chi riesce a far carriera, a diventare un professionista, lo arriva ad avere questo privilegio, specie pensando a come il 99% delle persone fa sport. Certo, c’è fatica, stress, il bisogno della prestazione, i momenti di crisi… il privilegio comunque resta”.
Sul pezzo
“Due allenamenti al giorno, mattina e pomeriggio, dal lunedì al venerdì e uno, più lungo, sia il sabato e la domenica. Corsa, ripetute, palestra e recupero. Ci sono periodi in cui carico di più, arrivando a correre sui 180 km la settimana, altri un po’ meno e comunque ne faccio mediamente 140-150 la settimana. Ora come ora sono a Livigno, lavori in altura e due-tre volte l’anno vado ad allenarmi in Kenya, là dove ci sono i migliori atleti del mezzofondo prolungato e ho modo così di “vederli”, scambiando esperienze”.
Il Mondiale in agosto
“No, fortunatamente non sono uno che sente più di tanto la tensione, quella negativa, quella che ti blocca le gambe. Alla vigilia delle gare riesco insomma a rimanere tranquillo ed è avvicinandomi al momento della gara che comincio a “sentirla”, positivamente, la tensione. Quest’anno ci sono i Mondiali a Budapest, i miei 10000 metri li correrò il 20 agosto, di tappe di passaggio ne avrò altre, ma è appunto il Mondiale il mio principale obiettivo di quest’anno”.
A Milano: 2h08’57”
“Sì, a Milano, per la prima volta ho corso una maratona. In effetti avevo delle aspettative diverse, tutto sommato pensavo di fare meglio, però sono intanto riuscito a finirla, dato che non si sa mai come si reagisce. Dico pure che m’è comunque piaciuto correrla, ci riproverò e già mentalmente cercherò di affrontarla in maniera diversa, con più consapevolezza, sempre ricordandomi che non sai mai: se per dire la prima va tutto liscio, non vuol dire che sarà sempre così”.
Il sogno nel cassetto
“È quello di vincere una medaglia, Mondiali e Olimpiadi, è questo l’obiettivo che mi sono messo davanti. Quando manchi un risultato, normale un po’ abbattersi, magari ci vuole una settimana, un mese, delusione e tristezza, però arriva il momento che te li poni nuovi obiettivi e la fortuna che hai è che ci puoi riprovare, c’è sempre la prossima gara che ti aspetta. Se so fare “spogliatoio”? Insomma… sono uno abbastanza riservato, un po’ insomma sulle mie: diciamo che sono uno che non la prende l’iniziativa, ecco”.