La partita che non dimentico... Riccardo Capogna

Scritto il 21/06/2023
da Pino Lazzaro


“Ci ho pensato e tutto sommato mi ritengo fortunato, è stata una discreta carriera la mia. Intanto la prima che non posso non ricordare è quella in cui ero col Gozzano, in Serie D, primi in classifica, il Como secondo a due punti, l’ultima di campionato: vincere significava promozione tra i professionisti”.

Davide e Golia
“Però quel giorno quella partita l’abbiamo persa e ricordo ancora la disperazione di noi lì sul campo, mentre chiedevamo alla panchina cosa aveva fatto il Como, loro che ancora giocavano: pareggiavano, 0 a 0. L’attesa, loro che poi non hanno vinto e noi che dalla disperazione siamo passati a un’emozione grande così, un paesino di 3000 abitanti in Lega Pro e dietro di noi una realtà come Como…”.



Adrenalina a mille, di più
“L’altra invece è più recente, giusto di quest’anno, partite che sì, capitano, ma ogni quanto? Ogni quanti anni? Contro il Renate, si perdeva 3 a 0, meno di mezz'ora alla fine. Ero in panchina, sono entrato e abbiamo finito per ribaltare quel risultato, il mio è stato il gol del 3 a 3 e all’ultimo l’abbiamo pure vinta, 4 a 3. Per me che ne ho giocati parecchi di anni, è stata proprio una prima volta, una di quelle botte di adrenalina che il calcio ti sa dare, davvero indimenticabile”.


Ho scelto così
“Sì, quasi sempre ho giocato al nord, ma i primi anni è stato soprattutto qualcosa di casuale. Poi il matrimonio, lei di Lecco, subito una bambina (poi ne è arrivato un altro) ed è stato da allora, sì, che ho deciso di dare la precedenza alla famiglia anche perché in fondo non ho mai giocato per i soldi. Non so come sarebbe potuta magari andare la mia carriera, ma così ho scelto”.

Nello spogliatoio
“Di mio credo di avere un carattere forte e so/sento che quando parlo mi ascoltano. Anni fa ero un po’ più “pazzariello”, ancora scherzo e rido, a volte pure un po’ giocherellone, ma ora mi sono un po’ “calmato”, ascolto di più e cerco di parlare il giusto. Poi, soprattutto pensando ai giovani, serve di più quel che fai, non tanto quel che dici”.



Un altro bivio
“In fondo ho sempre fatto questo, il calciatore, penso d’essere nato per il calcio e non vuol dire che bisogna per forza essere di Serie A. Solo al pensiero che arriverà il momento di smettere mi sento male… il fisico è a posto, ancor più la testa, è lei che conta, con tutti gli stimoli che sento, che ancora ci sono. Certo, ho 35 anni, so che per me non sarà facile, nonostante tutta la voglia che ho. Peccato che adesso mi sia scaduto il contratto: come si dice, per ora sto insomma alla finestra”.

Dopo
“Si vedrà. Intanto, approfittando del lockdown, ho preso il patentino Uefa B, il pallino di allenare insomma ce l’ho: so quanto possa essere un mondo difficile, ma intendo almeno provarci, questo sì”.



Classe 1988, romano, dopo gli anni di settore giovanile con la Lazio, Riccardo Capogna ha via via giocato con Chiasso (B svizzera), Mezzocorona (C2), Carpenedolo (C2), Fondi (C2), Renate (C2), Pro Patria (C2), Chieti (C2), Lecco (D), Seregno (D), Gozzano (D), ancora Lecco (D-C) e Pro Sesto (C).