Dallo straordinario archivio fotografico dell’Associazione Calciatori riaffiora stavolta un ritratto di Bruno Rubattu, l’unico Presidente che riuscì a portare la Torres sulla soglia della Serie B
Cuore e passione
O tieni i soldi, o hai un gran cuore, non sembrano esserci alternative per delineare l’identikit del Presidente di una squadra di calcio, soprattutto se italiana. Quando, nel 1980, l’imprenditore edile Bruno Rubattu assume la presidenza della Torres Calcio Sassari, gli adamantini tifosi della seconda squadra di Sardegna sanno che la società è finita in mano a uno di loro, dotato sì di qualche capitale, ma prima ancora di un’incurabile passione.
Puntualmente, quello che segue all’investitura del signore con cappotto di cammello e occhiali scuri ritratto in questa foto dello straordinario archivio dell’Associazione Calciatori, è il decennio più picaresco e glorioso di una storia iniziata 120 anni fa, nel 1903, con la fondazione dell’allora “Società per l’educazione fisica Torres”. Rilevata la squadra rossoblu in Serie D, il Presidente Rubattu fa quanto più possibile “di persona”, esternando un contagioso presenzialismo tuttofare che non tarda a far vedere i suoi frutti.
Zola, Del Favero e Piga
Promossa nel 1981 tra i professionisti della Serie C2, la “Torres di Rubattu” acquisisce progressivamente i tratti della “big” di categoria, fino a essere pronta al grande salto in C1.
Sugli spalti dell’antico stadio dell’Acquedotto, fondato addirittura nel 1922 alla presenza del principe Umberto di Savoia e oggi intitolato allo scomparso giocatore-bandiera Vanni Sanna, gli intenditori sassaresi capiscono di primo acchito che il campionato buono è quello 1986-’87. Semplicemente perché il Presidente Rubattu, in granitica sintonia con il neoassunto allenatore ed ex juventino di razza Lamberto Leonardi, detto Bebo, compone nell’occasione i petali di una rosa di giocatori assolutamente pregiata. Vuoi perché dà ascolto al signor Ignazio Zola, che dall’entroterra di Oliena gli porta in visione un talentuoso figlio diciannovenne di nome Gianfranco, vuoi perché ingaggia un antico gigante delle aree di rigore come il difensore centrale Angelo “Baffo” Del Favero (scomparso nemmeno cinquantenne nel 2001), vuoi perché riporta all’Acquedotto un Messi dei poveri come Mario Piga, sardo di Palau, centrocampista dai tocchi celestiali, cresciuto a pan e tiri in porta assieme al gemello Marco, bomber amatissimo dai tifosi del Catania, vuoi un’infinità di altre cose piccole ma non secondarie, fatto sta che la somma di tutto ciò si manifesta in modo incontestabile domenica 7 giugno 1987.
Quando Alessandria fu invasa dai tifosi sardi
È quell’ultima di campionato passata alla storia di Sassari per l’esodo di migliaia di tifosi che, via traghetto e treno speciale appositamente noleggiato, raggiungono Alessandria, dove è in programma la partita con la squadra dei “grigi” di casa, inguaiata in zona retrocessione. Si consuma così il classico testa-coda, risolto da un unico gol, ovvero l’uncinata al volo con cui il vecchio corsaro Mario Piga – e chi, se non lui? - trascina la Torres in Serie C1, per la prima volta nella sua storia.
Seguono quattro campionati in terza serie, di cui uno, il primo, trascorso nei paraggi della zona promozione. All’inizio della stagione 1990 -’91 il Presidente Rubattu avrebbe ancora il cuore per tentare un nuovo salto, stavolta in Serie B, ma gli mancano del tutto anche quei pochi capitali con cui ha saputo reggere fino a quel punto la baracca. Ragione per cui cede la società che… pochi mesi dopo retrocede in Serie C2. Trentadue anni dopo Sassari attende ancora un nuovo Rubattu.