“Scegliere la pallavolo è stato semplice, direi quasi inevitabile. È sempre stato lo sport di famiglia; mio papà giocava a volley, le mie sorelle pure, io stesso sono cresciuto stando spesso in una palestra a seguire gli allenamenti di mio padre Riccardo e poi anche quelli di quando ha iniziato a fare il Team Manager del Trentino Volley. Ricordo tantissimi weekend passati in palestra assieme a lui a seguire l’Itas Diatec Trentino di Kaziyski, Juantorena e Birarelli; era difficile non appassionarsi”.
Su e giù
“La mia prima società è stata quella di Castiglione delle Stiviere, dove vivevo da piccolo, ma già a 14 anni mi sono trasferito a Trento per entrare nel settore giovanile di Trentino Volley e vivere assieme a mio padre. Ho vissuto solo un anno da pendolare, prima di trasferirmi in Trentino definitivamente ma di fatto il pendolare l’ho fatto sempre perché già da piccolo nei fine settimana raggiungevo assieme a mia mamma mio papà per vedere le partite a Trento. Pensa che prima di diventare pallavolista giocavo a calcio sempre a Castiglione delle Stiviere, lo ricordo con affetto Mister Pellachin”.
Poterci stare
“Ho iniziato a capirlo quando nel 2018 ho fatto l’esordio in prima squadra durante una partita di CEV Cup, l’Europa League della pallavolo. Era una partita già ben indirizzata, ma io ho avuto la fortuna di poter realizzare proprio l’ultimo punto e da lì ho iniziato a sperare davvero di trovare posto nella pallavolo dei grandi. Lo sognavo da bambino e in quel caso ho iniziato a vederlo più concretamente vicino”.
Lavoro o “lavoro”?
“No, non l’ho mai considerato un lavoro; giocherei ancora oggi a volley anche se non fossi diventato un giocatore di SuperLega. È sempre stata la mia passione, ancora oggi guardo spesso partite in tv di altre squadre e mi tengo molto informato su tutto. Quando la tua passione diventa il tuo lavoro non ti sembrerà mai un lavoro, ma una grande fortuna”.
Passione, costanza e privilegio
“Di mio ci ho messo sicuramente la passione e la costanza nell’impegno, ma credo di dover molto anche ai miei genitori per quello che mi hanno trasmesso da questo punto di vista. Professionalità, dedizione e anche un po’ di DNA, perché mio padre era un grande giocatore in seconda linea, molto bravo col bagher e sicuramente deve avermi trasmesso, volente o nolente, qualcosa. Rispetto ai miei coetanei mi considero un privilegiato solo perché vivo grazie a una passione, ma non mi sento diverso da loro. Continuo a frequentare le stesse compagnie di quando andavo a scuola”.
“Il” sacrificio?
“Sicuramente lasciare Castiglione delle Stiviere per venire a Trento potrebbe essere visto come un sacrificio ma… rifarei tutto e non lo dico solo perché oggi gioco in SuperLega nella mia squadra del cuore. Lo dico perché l’ho fatto davvero con grande piacere”.
Studente
“Ho continuato a studiare anche quando sono arrivato a Trento, diplomandomi regolarmente, proprio nell’anno del Covid e nella stagione in cui ero stato inserito per la prima volta nel roster della squadra maggiore. Ora sono iscritto all’università, ma obiettivamente i tempi per studiare e dare esami sono pochi, per via degli impegni con il Club e della Nazionale. Ho sempre la valigia in mano”.
Vita d’atleta
“Durante la stagione con il Club la vita da atleta è più semplice; lavori durante la settimana per preparare la partita di mercoledì e domenica ma ogni sera torni a casa. In estate con la Nazionale invece sei praticamente sempre in ritiro o in viaggio e hai più difficoltà ad avere abitudini normali. Va bene così, vestire la maglia azzurra è un privilegio”.
Proprio dedicato?
“Sì, anche perché chi mi sta attorno è uno sportivo, come la mia ragazza, o lo è stato come mio padre e mia madre e le mie sorelle. Così diventa difficile sgarrare o aver voglia di farlo”.
Impegno e divertimento
“Ho sempre pensato che la mela non cada mai lontana dall’albero e quindi in partita raccogli i frutti di quello che ha fatto durante gli allenamenti. Sono giovane e non mi risparmio: dò tutto ogni allenamento, cercando sempre di divertirmi, è il segreto per vivere tutto con leggerezza, consapevolezza e… riuscire a dormire di notte”.
Quella rete/confine…
“Anche a causa della rete in mezzo la pallavolo è uno sport psicologico, dove devi riuscire ad essere più bravo dell’avversario solo facendo bene quello che accade nella tua metà campo. Gli sguardi e le provocazioni possono capitare, ma mi piace risolvere tutto con il sorriso. E poi è giusto bello se trovi un avversario forte anche dal punto di vista psicologico; non può contrastarlo fisicamente ma ti invita sicuramente a dare il meglio di quello che puoi”.
Nello spogliatoio
“Mi piace scherzare con i compagni e sono uno di quelli che ne combina di più, ma quando si entra in campo mi devo necessariamente trasformare perché la verità è che in spogliatoio ci si diverte solo se si vince e quindi…”.
Un sogno dietro l’altro
“Sognavo sin da bambino di vincere lo scudetto con Trento; a maggio ce l’ho fatta ma non mi sento assolutamente appagato. Vogliamo confermarci, cosa che nello sport è ancora più difficile, e andare avanti in tutte le competizioni con un occhio di riguardo per la Champions League. Abbiamo perso due finali negli ultimi tre anni e… abbiamo voglia di cambiare l’epilogo”.
Interista sfegatato
“Da piccolo giocavo a calcio e addosso mi è rimasta la grande passione. Sono un tifoso sfegatato dell’Inter, che andavo a vedere talvolta al Meazza sin da bambino. Sono stato allo stadio spesso negli ultimi anni ospite dell’Inter ed è stato bellissimo, anche perché nel frattempo ho potuto conoscere meglio i miei idoli come Zanetti, Barella e Bastoni. A casa avevo la maglia di Milito, ora ne ho molte di più perché ogni volta che vado a San Siro l’Inter me ne regala una… anche questa era una cosa che sognavo… sono stato a Istanbul per la Finale di Champions League. Atmosfera fantastica e grande partita nerazzurra… peccato solo per il risultato finale”.
Presto per il “dopo”
“Sono nato e cresciuto in palestra; faccio fatica a pensare al dopo ma sicuramente sarà difficile staccarsi definitivamente dalla pallavolo. Mi immagino sempre a contatto col mondo dello sport e con questo sport in particolare”.
Classe 2001 (dicembre), schiacciatore di ruolo e 211 cm d’altezza, Alessandro Michieletto ha iniziato col Trentino Volley da quattordicenne, approdando poi in prima squadra, nella SuperLega, nella stagione 2020/2021. Oltre a uno scudetto (2023) e una Supercoppa Italiana (2021) con l’Itas Trentino, in maglia azzurra ha via via aggiunto nel proprio palmares il bronzo europeo con l’U18, l’oro mondiale con l’U19, l’argento europeo con l’U20 (miglior giocatore) e l’oro mondiale con l’U21 (idem); altri ori infine con la Nazionale maggiore: all’Europeo 2021 e al Mondiale 2022.