“Cosa mi è mancato per arrivare a fare il professionista in Lega Pro? Mah, direi il bene di qualcuno: ero a Catanzaro e per quello che davo, per come mi allenavo, me la sarei meritata quella possibilità che non mi è stata data. C’è chi insomma non ha avuto il coraggio di mettermi in campo, così da poter dimostrare quel che valevo. Sì, ci vuole anche fortuna, come capita a volte con un gol, l’episodio favorevole, il buttarla dentro perché magari ti trovi giusto lì”.
Innamoramento
“Tanti anni di Calcio a 11, Eccellenza e Promozione, poi capita che un signore mi chieda perché non provo col Calcio a 5, lo faccio ed ecco – la fortuna – in una partita faccio un gran gol in rovesciata. Sempre lo stesso signore è presidente di una squadra di Beach Soccer e mi fa: ci vieni a giocare? Io che il pallone lo vorrei avere sempre tra i piedi gli dico sì e provo: rovesciate, tiri al volo, quanto mi piaceva, me ne sono proprio innamorato”.
Una vecchia cicatrice
“Quella del Calcio a 11 è una cicatrice che mi porto dentro, pensavo davvero di poter fare di più. Ma io sono uno che non molla, ho sempre creduto in me e ci sono infine riuscito, sono “arrivato”. Sai com’è, ti porto qui, ti porto là, ti faccio conoscere questo e quello, poi pochi fatti. Ci sono comunque arrivato, da solo, con la mia di testa”.
Coinvolgimento
“Tre tipi di calcio, è vero e forse la differenza, tra Calcio a 5 e Beach Soccer col Calcio a 11, è che sulla sabbia e sul parquet sei più spesso nel vivo del gioco, sei sempre coinvolto, ne hai di più di occasioni. Non così nel Calcio a 11, le occasioni da sfruttare possono essere davvero poche… dove c’è palla, per me c’è vita, molto meglio allora Futsal e Beach Soccer”.
Scuse e gol
“Mi piaceva proprio giocare sulla sabbia e lavoravo allora in un supermercato, nei fine settimana impossibile andare a giocare e quante scuse così che ho continuato a inventarmi per poterci andare. Ricordo in particolare quando la direttrice del supermercato si convinse di una mia scusa e andai. Era una partita di Coppa Italia di Beach Soccer, ne fui poi il cannoniere e fu lì che il c.t. si segnò per la prima volta il mio nome. Nel campionato arrivai secondo come gol, giusto a uno dal primo, era il 2013: fu così che per la prima volta venni convocato in Nazionale”.
Per il gruppo
“Capitano prima di me era Gabriele Gori, poi il suo infortunio e così, un po’ per anzianità e un po’ per il numero delle presenze, il gruppo e il mister hanno dato a me la fascia. Beh, come capitano sono uno che fa di tutto per tenere unito il gruppo, ci sto attento, che non ci siano invidie, io penso e credo proprio che per vincere c’è bisogno di un gruppo unito”.
Ansia e arbitri
“Dopo tutti questi anni, ormai ci sono abituato, per dire dormo la notte e so come gestire l’ansia che comunque, quella giusta, deve continuare a esserci. Le cose le vivo insomma più serenamente e pure con gli arbitri sono via via cambiato nel tempo, se gli vai contro ti verranno loro contro ed è meglio insomma “trattarli” bene, magari così qualcosa te lo possono pure dare”.
Verso il Mondiale
“Quel gol alla Spagna e così la partecipazione al prossimo Mondiale me lo sono andato a vedere giusto ieri e mi capita spesso comunque di rivederlo. Sai, tu magari ti sogni la notte come vorresti che finisse, poi va così… è stato incredibile. Pensa, col mio gol numero 150 si va al Mondiale!”.
Pelle d’oca
“In quel momento avrei voluto mettermi a correre, fare dieci volte il giro del campo, ma soprattutto quel che mi è rimasta dentro è stata la gioia dei miei compagni. All’inizio noi lì in cerchio, a dirci le nostre cose e io che avevo detto che avrei pagato chissà che cosa per vederli felici e la gioia più grande è stata così proprio quella di vedere la loro gioia, col pianto liberatorio a cui mi sono poi lasciato andare”.
Dopo
“Sì, ci penso e ora come ora l’idea è quella di rimanerci in questo mondo del Beach Soccer, chissà, un domani, anche da allenatore”.