Rocco Roberto Paris, barese classe 1979, ex difensore che, dopo 179 presenze dalla Serie A alla C, adesso lavora in un ristorante della sua città
Tra i fornelli
“La passione per la cucina deriva dall’essere sempre stato un grande appassionato di pesca sportiva. Uso la canna, e ho pure avuto la barca per 26 anni. Portando a casa moltissimo pesce, mi sono avvicinato alla cucina ittica, fino a perfezionarmi. Adesso lavoro in un noto ristorante di pesce a Bari. Anche quando giocavo mi piaceva tantissimo cucinare, invitavo da me gli amici e i colleghi del calcio. Aprire un ristorante è il mio sogno. Nel giro di un paio d’anni, ci riuscirò”.
Piatto forte
“Quando sei in cucina, ti devi adattare a tutte le situazioni. Ho lavorato un anno in aeroporto a Bari, riuscivo a gestire 40 coperti da solo, con un menù mediterraneo. Ristorante alla carta, si cucinava in primis per i dirigenti aeroportuali. Non c’è una pietanza che mi viene meglio, adoro cucinare il pesce nudo e crudo, così com’è, senza cremine o impasti vari”.
Un “sorcino” DOC
“Vorrei cucinare per Renato Zero, sono un suo fan. Mi è capitato di preparare in aeroporto per qualche personaggio importante, però farlo per lui sarebbe bellissimo. So che è un amante del pesce, ma lascerei a lui la scelta, magari orientandolo sul prodotto fresco del giorno. Renato, come si dice a Bari, ti tratterei ‘di lusso’ (ride, ndr)”.
Spogliatoio e brigata, le similitudini
“Non ne vedo. Lo spogliatoio è una delle poche cose che mi manca del calcio. Era composto sempre di gente simpatica e allegra. Dovevi spesso ammazzare il tempo e lo facevi scherzando, ridendo tra battute e sfottò. Lo spogliatoio è un qualcosa di indelebile nella vita di chi è stato calciatore, anche quando avrò settant’anni sarà così. Tuttora sono in contatto con tanti ex compagni con i quali ho giocato 20 anni fa, non ci siamo più visti e ci sentiamo ancora”.
22/2/1998, esordio in A con la maglia biancorossa
“2-2 finale, in un San Nicola stracolmo. Sono entrato sul 2-1 per il Galletto, il Lecce era in 10, però riuscì a pareggiare. In quel Bari c’era Gianluca Zambrotta, il più forte compagno di squadra mai avuto”.
Poi comparve Antonio Cassano
“Siamo cresciuti insieme nel settore giovanile, e ci siamo ritrovati in prima squadra. Qualitativamente parlando non si discuteva, magari aveva qualche pecca caratteriale, era già come in seguito l’hanno conosciuto tutti”.
Una carriera agrodolce
“Un po’ mi ha penalizzato l’anno del servizio militare. Mi mandarono a Roma e mi allenavo pochissimo con i pugliesi. Poi sono andato in prestito a Catania in Serie C1 e ho fatto bene. Purtroppo, nel percorso, mi sono imbattuto in un paio di allenatori che non hanno avuto grande simpatia calcistica nei miei confronti. Ho anche incontrato mister che, invece, voglio ricordare, come Eugenio Fascetti, che ha creduto in me fino a lanciarmi nella massima serie, e Giovanni Simonelli che mi guidò nell’annata etnea. Tutto sommato, non mi lamento di ciò che ho raccolto. La mia avventura calcistica è paragonabile alle orecchiette con le cime di rapa, un piatto buono che riserva una nota amara”.
Nel futuro, toque blanche o lavagnetta e fischietto?
“Al momento ho voglia di questo e lo faccio. Nel 2018/2019 allenai la Berretti del Monopoli, ma a fine stagione decisi di intraprendere un’altra strada. Non so se un giorno vorrò e potrò ritornare nel calcio”.