La zolla giusta del bomber

Scritto il 16/09/2023
da Stefano Ferrio


Il premio Paolo Rossi appena assegnato dall’Associazione Calciatori al capocannoniere del Napoli Victor Osimhen

 


Bomber... non per caso
Ma cosa ci faceva quello proprio lì? Il 4 maggio scorso se lo sono chiesti in molti a proposito di Victor Osimhen, ventiquattrenne bomber nigeriano del Napoli. Attaccante che al momento cruciale della partita Udinese-Napoli, durante una concitata azione di calcio d’angolo, resta come impalato al centro dell’area di rigore. Quasi sentisse che, alla fine di quel flipper ai limiti del “tilt”, il pallone sarebbe docilmente finito sulla punta del proprio destro, così da essere pronto a “spararlo” in rete con imparabile botta dal basso in alto. Cosa che puntualmente succede, fissando il risultato su un 1-1 che durerà fino alla fine. È quanto basta perché il Napoli vinca il terzo titolo italiano della sua storia.



Premio Paolo Rossi
Secondo le attese, a segnare questo gol-scudetto è uno dei giocatori più forti e determinanti dell’intera rosa azzurra, capace di trascinare al trionfo la propria squadra con la bellezza di 26 gol: nessuno ne fa più di lui in tutta la Serie A 2022/23. Da qui questa foto, tratta dallo straordinario archivio dell’Associazione Calciatori. Lo scatto risale al 27 agosto scorso quando, prima del fischio di inizio di Napoli-Sassuolo, Osimhen riceve dal Presidente dell’AIC, Umberto Calcagno, il premio Paolo Rossi destinato al capocannoniere della stagione precedente.



Quelli che del gol hanno il “fiuto”
A dire il vero, il fuoriclasse africano sfoggia alla fine un ricco catalogo di segnature, realizzate nei più vari modi: di potenza, di fino, in fuga, dopo scambi sullo stretto. Ma risulta significativo che, nel giorno della verità, di lui ci si chieda cosa facesse proprio lì, in quella zolla precisa dello stadio di Udine, e non in un’altra. Nella storia del calcio è una domanda ricorrente, che riguarda quegli attaccanti un tempo definiti “opportunisti”, guidati da una sorta di intimo fiuto a trovarsi nel posto giusto al momento giusto, così da effettuare il tocco o la deviazione vincente nella porta avversaria. Magari fatta non in modo esemplare da un punto di vista stilistico, ma nello stesso tempo frutto di una vocazione al gol per cui il corpo del giocatore segue l’azione optando di istinto per determinati spostamenti e adattamenti. Dove una tempia, uno stinco o perfino un’anca, in quell’occasione vanno decisamente meglio del collo del piede o della fronte piena.



Alla “Pablito”
Cosa ci facesse Paolo Rossi proprio “lì” in tre fatidici momenti di un’Italia-Brasile giocata ai Mondiali del 1982 è cosa nota non solo ai tifosi. La conoscono anche quanti furono comunque testimoni di tre gol che, oltre a decidere quella partita, spianarono all’Italia la strada del terzo titolo mondiale e un po’ cambiarono la storia di un intero Paese, traghettandolo dalle violenze terroristiche degli anni ‘70 al liberatorio edonismo degli anni ‘80. Come ha fatto, 41 anni dopo, Victor Osimhen, la domenica in cui, passando di là per caso, ha fatto impazzire di gioia, non per un giorno ma per lungo tempo, un’intera città. Un gol “alla Pablito”.