La partita che non dimentico... Alberto Gerbo

Scritto il 09/11/2023
da Pino Lazzaro


Classe 1989, non ancora ventenne (proveniente dall’Inter), Alberto Gerbo ha fatto il suo esordio tra i professionisti con l’Ancona (B), giocando poi via via con Triestina (B), Gubbio (B), Latina (C1-B), Foggia (C-B), Ascoli (B), Crotone (B), ancora Ascoli (B) e Cosenza (B); è alla Juve Stabia (C) dalla scorsa stagione.

 



“Intanto non ho voluto ricordare partite vinte o in cui avevo magari segnato: così preferisco qui riandare a una sconfitta, sì, a una partita persa. È Pisa-Foggia, andata della finale playoff per salire in serie B (siamo a giugno 2016; ndr); io nel Foggia, De Zerbi allenatore, c’era Gattuso sulla panchina del Pisa”.

Quante emozioni
“Partita molto intensa, tante emozioni, compresa l’aggressione al nostro pullman dopo la partita… Dopo appena dieci minuti eravamo già sotto per 2 a 0, due errori banali, poi però abbiamo pareggiato e ricordo quello stadio ammutolito, passato com’era dalla gioia alla paura”.


Insegnamento
“Ecco, nell’intervallo quello che davvero mi colpì, fu quello che ci disse De Zerbi, lui lì che ci chiedeva di non accontentarci, di non pensare di proteggere il pareggio, di non pensare al ritorno a casa nostra, ma di provare a vincere. Poi la partita andò come andò, ce la giocammo ma la vinsero loro, 4 a 2, però quel suo discorso sia io che i miei compagni ce lo siamo portato con noi, quel suo insistere sul piano della mentalità”.

L’immagine
“Torno allora lì nello spogliatoio, il mister che ci parlava e quelle sue parole che ci entravano in testa: come detto, ce le siamo portate con noi negli anni successivi, sì”.



A che punto
“So bene che sono ormai negli ultimi anni di carriera, vista certo l’età ma pure le regole che ci sono sui giovani, il minutaggio eccetera e sono pure consapevole di essere sceso di categoria, dopo la soddisfazione a Crotone della promozione in A e i meravigliosi anni di Foggia. No, non dico che sono orgoglioso, dico che sono contento di quanto ho vissuto, i tanti momenti belli, gli spogliatoi, le amicizie, città diverse. Poi non mi va di rivolgermi più di tanto delle attenzioni, sono consapevole di aver giocato in B e in C, senza aspettarmi alcunché, anche di chi ha giocato magari 300 partite in A se ne dimenticano”.

Un po’ in giro
“Sì, all’inizio prestiti dall’Inter ed è stato poi, quando mi sono fermato a lungo a Foggia, che il mio “mercato” è rimasto sempre legato al centro-sud, sempre così lontano dal Piemonte, è da lì che vengo. Certo che d’altra parte ho avuto modo di conoscere un’Italia splendida, dove certo le problematiche non mancano, ma con tanti punti davvero forti”.



Io e loro
“Nello spogliatoio sono uno che cerca il dialogo. Quando ho cominciato io i grandi erano certo meno permissivi verso i giovani, ora i tempi sono cambiati e personalmente mi fa piacere che ora siamo tutti allo stesso livello. Cerco di aiutarli i giovani e ce ne sono di intelligenti e altri meno, lo faccio provando a essere un esempio, un qualcosa che potrà magari servire nelle loro carriere. Tutto sommato abbastanza silenzioso, quando serve cercando il dialogo e senza alzare la voce”.



Dopo
“Negli ultimi anni l’AIC sta proponendo tanti strumenti per il dopo carriera ed è un qualcosa di importante, è una vita intensa quella del calciatore, può lasciarti davvero poco per il futuro. Così mi sono intanto laureato in Scienze Motorie, ho fatto il master in team management e sto ora seguendo il corso da direttore sportivo. È insomma un mondo questo in cui vorrei rimanere: a livello di campo gli allenatori che ho avuto mi hanno dato tanto, anche sul piano delle idee, però tutto sommato è a un ruolo dirigenziale quello a cui ora come ora guardo”.