Le parole che non ti ho detto… Michele Paramatti

Scritto il 24/04/2024
da Giuseppe Rimondi


A vent’anni esatti dal termine della carriera calcistica, Michele Paramatti, classe 1968 ci racconta la sua vita di oggi lontano da quel suo mondo che lo aveva reso famoso. Paramatti, nativo di Salara, provincia di Rovigo, cresce nella Spal dove gioca fino al 1995 quando, a scadenza contrattuale, rimane senza squadra. Mentre è in ritiro con la formazione dei disoccupati lo cerca Gabriele Oriali, allora direttore sportivo del Bologna, che lo porta in rossoblù, dove in due stagioni conquista due promozioni e la Serie A. Come ciliegina sulla torta si guadagna anche la Juventus dove contribuisce alla vittoria dello scudetto nel famosissimo 5 maggio 2002.



Michele, questi vent’anni senza calcio come li hai passati?
“Benissimo. Già prima di smettere avevo pensato al mio futuro, volevo riuscire a dedicare più tempo a me stesso, ai miei figli e a mia moglie Patrizia. Non volendo rimanere nel mondo del calcio ho cominciato a fare investimenti immobiliari e ho creato una società in quell’ambito che tuttora gestisco. In questa maniera riesco ad avere quel tempo libero che ho ritenuto giusto ritagliarmi. Diciamo che sono anche un “pensionato” felice”.

Immagino avrai sicuramente una passione sportiva che pratichi in maniera assidua e costante.
“Certamente, ma non pensare al Padel, ho scelto uno sport non traumatico, il golf. Ho iniziato mentre ero ancora calciatore, poi è nata una grande passione”.

Come si riesce a passare da uno sport molto agonistico, di contatto fisico, a uno dove deve regnare la calma?
“Da giocatore ero molto “fumantino”, qui ho imparato l’autocontrollo e poi ci sono due cose che comunque accomunano questi due sport: l’erba e la pallina, anche se quest’ultima molto più piccola. Nel golf la tua classifica si desume dall’handicap, va da zero (dove trovi i professionisti) a cinquanta. Io sono a due, diciamo che me la cavo abbastanza bene”.



E i figli? Ne hai due, Ludovica 23 anni e Lorenzo 29, calciatore come suo padre.
Ludovica si è laureata in Economia e finanza, ha fatto un master a Lisbona e adesso vive e lavora lì. Lorenzo dopo le giovanili nel Bologna e nell’Inter è stato un po’ sfortunato, nel momento in cui poteva emergere si è rotto il legamento crociato del ginocchio e da lì è stata dura. Qualche anno in Lega Pro e la decisione di giocarsela all’estero, prima in Romania poi in Israele, dove per i noti recenti fatti ha dovuto rientrare e rinunciare al contratto”.

Parlaci della sua avventura in Israele.
“Dopo i tre anni nel Craiova, dove era riuscito insieme ai compagni a conquistare la Serie A rumena e poi a difenderla, Lorenzo ha ricevuto l’offerta dal Maccabi Petah Tiqwa, squadra della massima serie israeliana. Il 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas con razzi lanciati su Tel Aviv ma intercettati dalla difesa Israeliana, a mio figlio, chiuso in casa, è stato subito predisposto dalla società un volo di rientro per la mattina successiva. Il campionato è stato sospeso fino a dicembre. A quel punto Lorenzo è rientrato in Israele, ha provato a riprendere gli allenamenti ma, vista la situazione, dopo un mesetto, ha preferito fare ritorno a casa. Non si sentiva a suo agio e lo capisco bene. Si rimetterà alla prova dalla prossima stagione, magari in Italia”.



Ma torniamo al calcio: Michele tu eri in campo nell’ultima apparizione in Europa del Bologna, contro il Fulham a Londra nell’agosto 2002, finale Coppa Intertoto. Ricordi?
"Sì, benissimo, perdemmo 3-1 dopo il 2-2 dell’andata, ci diedero una bella lezione, tre gol del giapponese Inamoto, incredibile, non li fece mai più tre gol in una partita. Peccato davvero”.

Eri in campo pure nel 1999, Coppa Uefa (ora Europa League), il momento più alto dal dopoguerra a oggi dei rossoblù in Europa.
“Quella serata di semifinale di ritorno col Marsiglia ancora non l’ho digerita… Feci gol dopo pochi minuti, non riuscimmo a chiuderla e nei minuti finali ci fu un rigore inesistente assegnato ai francesi per un tuffo di Maurice su uscita di Antonioli poi realizzato da Blanc. Se ci fosse stato il Var la finale di Mosca l’avremmo giocato noi contro il Parma (che poi distrusse il Marsiglia 3-0, nda) e sicuramente sarebbe stato bellissimo vedere due squadre italiane nell’epilogo della manifestazione. Uscimmo immeritatamente senza perdere. Forse l’unico errore fu terminare senza segnare almeno una rete la partita di andata, dominata per almeno una settantina di minuti e finita 0-0. Fu comunque un’annata fantastica ma sfortunata, anche in Coppa Italia uscimmo in semifinale ai supplementari contro la Fiorentina e anche lì ci furono decisioni alquanto dubbie. Per fortuna vincemmo lo spareggio per la Coppa Uefa contro l’Inter, vincendo 2-1 sia l’andata a San Siro, con anche un mio gol, che il ritorno al Dall’Ara”.



In maglia felsinea molte delle tue reti le hai segnate a squadre blasonate.
“In effetti sì, segnai anche una rete alla Juventus di Lippi in uno storico 3-0 sempre nel campionato 1998-99, che rimane ancora l’ultima vittoria casalinga del Bologna sulla squadra bianconera”.

Juventus che ti porta a Torino nell’estate del 2000.
“Ho coronato un sogno che avevo da bambino, anche se l’allora direttore sportivo del Bologna Oreste Cinquini mi stava per cedere alla Lazio, io mi impuntai e in quel momento si inserì la Juventus. A quel punto Gazzoni, molto amico della famiglia Agnelli, diede il via libera al trasferimento. Due campionati dove riuscii a ritagliarmi il mio spazio, debuttare in Champions League e a vincere il mio primo e unico scudetto”.



Il Bologna ce la farà a conquistare la qualificazione alla prossima Champions?
“Mancano ancora diverse partite, il calendario non è facile e la pressione salirà molto. Diciamo che sono fiducioso. Dal presidente Saputo al direttore Giovanni Sartori fino al mister Thiago Motta è stato fatto un grandissimo e meraviglioso lavoro. Ho visto giocare il Bologna quattro-cinque volte e si vede subito che la squadra ha un gioco preciso, grande determinazione e fiducia nei propri mezzi. Dal vivo, allo stadio Dall’Ara, l’ho vista solo una volta contro l’Inter, dovevo ricambiare un favore al mio amico Biagio Antonacci, tifosissimo nerazzurro, e l’ho accompagnato. Non ho portato fortuna ma nel secondo tempo ho visto una squadra mettere alle corde i futuri campioni d’Italia.”

Quindi, per scaramanzia, i tifosi rossoblù ti chiedono di guardare la loro squadra solo in televisione…
“Lo faccio volentieri, ho il Bologna nel cuore e gli auguro di farcela! Lui va in Europa e io mi dedico al golf”.